Dopo la catastrofe che si è abbattuta sui compagni stellati la destra, forte dei trionfi, affila ancora di più le armi e si prepara ad incassare altri probabili successi. Ma Salvini e Meloni stiano attenti: l’Emilia non è l’Umbria.

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Diciamo subito a scanso di equivoci che nella rossa Umbria si è andati al voto in condizioni politico-amministrative molto diverse rispetto a quelle esistenti nella rossissima Emilia Romagna. Lo scandalo sanità che ha travolto e costretto alle dimissioni esponenti di spicco del centrosinistra alla guida della Regione umbra hanno portato necessariamente ad elezioni anticipate.

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Aggiungiamo poi che cattocomunisti e sinistri stellati, nel disperato tentativo di bloccare lo tsunami Salvini, hanno inscenato la farsa riproponendo a livello locale l’oscena ammucchiata costituitasi a Roma con il Conte bis. E naturalmente la combriccola di cambiacasacca uniti tra loro solo per amore della poltrona sono stati severamente e giustamente puniti dagli elettori umbri che non si sono fatti certo prendere in giro da parole, sorrisi e abbracci di circostanza. Basti ricordare l’imbarazzate comparsata a Narni del gruppo capeggiato dal leader dei voltagabbana Giuseppi con Zingaretti, Giggino e Speranza: si sono illusi che bastasse farsi vedere tutti insieme appassionatamente per conquistare la fiducia della gente e tirare così la volata al loro candidato Bianconi. Tutto inutile. Il ko elettorale è stato clamoroso.

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Insomma, l’accordo – fasullo naturalmente – tra dem e grillozzi ha mostrato fin da subito il suo aspetto peggiore perchè appunto basato esclusivamente su interessi personali, altro che condivisione dei programmi o il bene del territorio. Del resto si è trattato della fotocopia di quello che ci ritroviamo in Parlamento: una mera intesa di palazzo per salvare le proprie posizioni ben retribuite e impedire agli italiani di tornare al voto. Di conseguenza era inevitabile che la sconfitta fosse sonora e pesante.

Cosa diversa in Emilia Romagna dove i cittadini saranno chiamati alle urne dopo aver avuto un governo che non dovrà rendere conto del proprio operato nelle sedi giudiziarie, a differenza di ciò che è accaduto in Umbria, ma solo davanti ai cittadini. Altro aspetto che rende diverso il clima elettorale è che l’asse Pd e 5 Stelle non sarà riproposto visto il tremendo flop incassato domenica scorsa.

Matteo Salvini fa ora rotta sull’Emilia-Romagna, la regione guidata dal dem Stefano Bonaccini, in vista del voto del 26 gennaio. E in attesa della convention di Bologna, il 14 novembre, il capitano sarà già giovedì 31 ottobre accanto alla candidata Lucia Borgonzoni. Ma L’Emilia è solo la prima di una lunga serie di regioni chiamate alle urne. Nel 2020 voteranno anche Calabria, Toscana, Campania, Liguria, Puglia, Marche e Veneto. E anche in queste regioni pare proprio che non sia perseguibile l’alleanza tra sinistri e grilluti. Infatti sia nel Pd come in casa delle creature del guru Grillo crescono le perplessità. Ma nonostante le incertezze e i postumi della legnata umbra che ha seppellito l’Armata Brancaleone il Pd una certezza ce l’ha: non vuole rinunciare alla candidatura del governatore uscente, Stefano Bonaccini che nel tempo, a detta dei dem, si è guadagnato sul campo un seguito considerevole.

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Riflettori puntati dunque sull’Emilia Romagna, il feudo super rosso per antonomasia, la regione più comunista  d’Italia che il leader leghista vorrebbe conquistare come l’Umbria. Ma qui, come detto, la questione è diversa. I dem emiliani oltre ad avere già il candidato,  Bonaccini, appunto, hanno stabilito che la tornata umbra ha dato un segnale chiaro: il patto con i grillozzi ha danneggiato. Di conseguenza, senza neppure l’ombra di un valore aggiunto, difficilmente il Pd sarà disposto a tollerare pressioni stellate per cambiare in corsa il proprio candidato. Dal canto suo   Bonaccini pare proprio non volersi privare di un rapporto privilegiato con i cinque stelle costruito nel tempo. In poche parole lascia la porta aperta auspicando di rafforzare i consensi in modo di arginare l’avanzata sovranista.

Così mentre si attendono le conseguenze della valanga umbra in altre parti dell’Italia il gruppo dirigente del Pd emiliano si sta preparando a una sfida che potrebbe essere considerata epocale da quelle parti visto quello che si profila all’orizzonte. E’ certo comunque che stavolta per i compagni emiliani sarà un tour de force durissimo dagli esiti incerti. Saranno costretti a battersi casa per casa, strada per strada incontrando faccia a faccia il più alto numero di emiliani – Salvini docet – a differenza di Zingaretti e company che hanno saputo solo rinchiudersi nei salotti radical chic distruggendo quel poco che resta del partito. Sono anche incompetenti e inetti di questo genere che hanno contribuito a spianare la strada ai cosiddetti sovranisti che ora passano all’incasso.