Dal 18 ottobre scatta la guerra dei dazi e l’Italia sarà il paese più penalizzato. L’organizzazione mondiale per il commercio (Wto) ha deciso. Gli Stati Uniti potranno imporre dazi sui prodotti provenienti dall’Europa per un ammontare annuo di 7,5 miliardi di dollari come compensazione relativa agli aiuti ritenuti illegali concessi al consorzio aeronautico Airbus. La Wto ha dunque chiuso definitivamente la controversia aperta dai sussidi europei giudicati illegali al costruttore aereo Airbus. Intanto Bruxelles è pronta a confrontarsi con gli Usa per individuare una soluzione meno pesante per i movimenti commerciali. Tuttavia l’Ue mette le mani avanti e afferma che se Washington rimarrà ferma nell’imporre le contromisure che hanno avuto il via libera della Wto questo spingerà l’Unione ad applicare la stessa strategia. Certo è che l’imposizione reciproca di contromisure – se così saranno gli equilibri – finiranno per infliggere danni considerevoli alle imprese e ai cittadini su entrambe le sponde dell’Atlantico provocando ripercussioni gravi sul commercio globale. A conti fatti il colpo di scure si abbatte su 4,5 miliari di euro, vale a dire oltre il 9% dell’export italiano negli Usa, ovvero il conto severo che dovrà pagare l’Italia per la nuova ondata di dazi americani.
Per quanto ci riguarda, e del resto era prevedibile per una nazione come l’Italia, ad essere maggiormente tartassato sarà l’agroalimentare con le sue eccellenze come vini, formaggi, salumi, pasta, olio extravergine di oliva, agrumi, olive, uva, marmellate, succhi di frutta, pesche e pere in scatola, acqua, superalcolici e caffé. I bene informati sostengono che ad essere in pericolo sono soprattutto i formaggi, anche per le pressioni della lobby dell’industria casearia americana che ha recentemente fatto pressione sul presidente Donald Trump per chiedere di imporre dazi alle importazioni dall’Europa. Senza dimenticare il settore della moda e le motociclette che nel complessivo costerebbe al sistema Italia oltre un miliardo di euro. Una batosta pesante quindi che va a compromettere l’intera filiera. Tuttavia si tratta, a sentire gli esperti di mercato, di una penalizzazione inferiore a quanto stimato tempo fa ma comunque in grado di scatenare una guerra commerciale tra le due sponde dell’Atlantico, frenare ulteriormente una crescita economica già faticosa e dare di conseguenza un duro colpo alle nostre esportazioni.
Eppure qualche spiraglio di sereno si intravede all’orizzonte dei nostri interessi nazionali economico commerciali. L’impatto dei dazi che gli Usa imporrebbero ai prodotti italiani potrebbe essere meno negativo di quanto ci potremmo aspettare. A sostenete questa tesi la burocrazia dell’Ue. Vedremo se questi signori hanno visto giusto. Alcune fonti interne ai mercati informano che il vino non sarebbe nel mirino della rappresaglia Usa mentre i dazi sui formaggi pecorino, parmigiano, provolone e prosciutto dovrebbero essere del 25%.
Intanto riguardo all’applicazione finale l’Italia ha sottolineato agli Stati Uniti che la ripartizione dei dazi è decisamente squilibrata al punto di danneggiare, come detto, innanzitutto il nostro Paese che da sempre produce con successo beni strategici che proprio per la loro indiscussa qualità si impongono da sempre a livello internazionale.