Dobbiamo cambiare il nostro stile di vita. Dobbiamo cambiare le nostre abitudini.
Evitiamo di stringerci la mano, fissiamo a non meno di un metro le distanze sociali, evitiamo i luoghi chiusi,
affollati, rifuggiamo dagli assembramenti, ricordiamoci che per i cinema, i teatri,i bar, le discoteche, è
tempo di coprifuoco. E non ci scordiamo che la stretta riguarda anche i trasporti:da ieri ogni nostro
spostamento deve essere concretamente motivato, suggellato da apposita autodichiarazione, in
ottemperanza al Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri.
In pochi giorni quella che a volte era stata liquidata come psicosi da Coronavirus ha dimostrato di essere
una invasiva e spiacevole realtà, la cui gravità per novità e velocità di diffusione ha spiazzato e bloccato
l’intero paese. Ma tutte le cose, si sa, all’inizio sono difficili, prima di diventare facili.
E così, tra lo sgomento iniziale e gli sforzi collettivi, lo stravolgimento dei comportamenti sociali, non
rappresenta più una limitazione dei diritti della persona, bensì una tutela della salute personale e Pubblica. Ed in breve tempo gli Italiani hanno aumentato la comprensione e razionalizzato le richieste di intervento come da raccomandazioni istituzionali, riducendo l’afflusso ai servizi di emergenza, permettendo agli stessi
di usufruire del giusto lasso temporale per impostare al meglio i prossimi piani di intervento.
Ma gli sforzi personali e collettivi non bastano a garantire ai cittadini i loro diritti, perché è una realtà che le strutture ospedaliere potrebbero arrivare al collasso irreversibile, ed essere costrette ad operare una scelta scellerata sul “chi salvo per primo”.
E al terrore delle umane genti sull’incerto diritto alla vita, si aggiunge quello non meno tormentoso del
risvolto economico e finanziario della pandemia da Covid-19.
Ci si chiede se parallelamente alle misure a salvaguardia della salute, il Governo stia pianificando quelle a salvaguardia delle tasche degli Italiani.
Perché se siamo in emergenza sanitaria, non da meno lo siamo in quella economica. Si pensa ai mutui, alle tasse sugli immobili, ai prezzi dei beni di prima necessità. Solo lo spettro dei contributi pensionistici e dell’Iva del primo trimestre, ammonta a 70miliardi di euro.
Il blocco del paese sta producendo danni incalcolabili sull’economia di breve e lungo periodo e ci si aspetta
che uno Stato di Diritto che, per definizione rende soggetti i cittadini a norme giuridiche ben definite, si
sottoponga a sua volta a tali norme. E i diritti sociali prevedono l’intervento dello Stato, che ha il dovere di
una risposta rapida e precisa:volta a sospendere e rinegoziare e, se necessario ad annullare tout court le
contribuzioni fiscali dei cittadini.
Dajana Rampiconi – Nazione e Futuro