Il Presidente del Consiglio Sergio Conte è stato chiaro: ai due azionisti di maggioranza Matteo Salvini e Luigi Di Maio è arrivata una richiesta di chiarimento che ha di fatto messo i suoi vice con le spalle al muro: “Dicano se hanno intenzione di proseguire o meno. Chiedo una risposta chiara e rapida. Non mi presterò a vivacchiare per prolungare la mia permanenza a Palazzo Chigi. Se non ci fosse la netta assunzione di responsabilità da me richiesta rimetterò il mandato al Presidente della Repubblica, cui rinnovo la mia stima e gratitudine”.
Il discorso del premier in conferenza stampa arriva dopo un lungo silenzio seguito alla partita delle europee risoltasi con un ribaltamento degli equilibri politici interni alla maggioranza a tutto vantaggio della Lega. Inoltre l’uscita del presidente è stata l’occasione per invitare i due soci a sotterrare l’ascia di guerra (sarà possibile?) , tentare di superare le divisioni e ragionare se è possibile procedere o meno.
Non solo. Conte ha ammonito Salvini e Di Maio insistendo sulla necessità di essere più lungimiranti e meno inclini a farsi trascinare dai proclami attraverso i social. In sostanza l’inquilino di palazzo Chigi vuole sapere se esistono ancora le condizioni in grado di proseguire nello spirito del contratto del cambiamento che ha dato vita a questa avventura gialloverde. Tra le righe dell’intervento di Conte si comprende dunque quanto il collante, quel clima di coesione sia venuto meno in un clima di campagna elettorale continua. Una condizione che ha provocato solo danni e un inaccettabile stallo nell’esercizio governativo. Serve quindi un atteggiamento più costruttivo “rispettando la grammatica istituzionale”, ha detto Conte ricordando che l’equilibrio dei conti serve non solo per l’Ue ma anche per dare fiducia agli investitori.
Ciò nonostante Salvini sembra fare orecchio da mercante ed è deciso a usare la forza del suo 34% con un occhio attento ai ballottaggi. E se anche questa fase elettorale gli dovesse riservare altre vittorie sul campo non è escluso che faccia saltare il banco definitivamente. Mentre Di Maio, dopo il crollo di consenso, cerca disperatamente di rimettere insieme i pezzi di un Movimento sempre più diviso al suo interno. Un viatico difficile e scivoloso caratterizza quindi il percorso di questo governo che si appresta ad affrontare una settimana difficile e insidiosa.
Nelle prossime ore sul tavolo arriveranno infatti questioni complesse che potrebbero minare la tenuta dell’esecutivo. Oltre alla replica di Bruxelles alla lettera inviata dal ministro Tria, già di per sé destinata a creare ulteriore agitazione nella maggioranza, sarà il momento di due provvedimenti delicati: il decreto sblocca cantieri e il decreto crescita. Il primo approderà in Aula in un Senato dove la maggioranza M5S-Lega è risicata. L’emendamento leghista sulla sospensione biennale del codice degli appalti, che ha portato nervosismo tra i grillozzi, se non venisse ritirato potrebbe dare una spallata al già traballante equilibrio della maggioranza.
Altra grana da non dimenticare riguarda il decreto Crescita. Il muro eretto dalla Lega ha fatto uscire dal testo approvato dal consiglio dei ministri il cosiddetto “Salva Roma”. Il decreto dovrebbe approdare in Aula alla Camera a breve con la fiducia.
Non solo. Il prossimo Cdm è in calendario per venerdì e Salvini ribadisce di voler portare il decreto sicurezza bis, dopo la limatura del testo iniziale. A questo vanno aggiunti due cavalli di battaglia storici della Lega: l’autonomia di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna, su cui i Governatori leghisti Fontana e Zaia non intendono più aspettare. C’è poi la flat tax. Entrambe, ha chiarito il ministro dell’Interno, devono arrivare sul tavolo del Consiglio dei ministri prima del 21 giugno. E i Cinque Stelle come si comporteranno di fronte a un Salvini pronto a mostrare i muscoli forte del consenso incassato giorni fa? Manderanno giù il rospo o faranno saltare il banco?
Intanto dall’alto vigila il Quirinale. Qualora la crisi prendesse corpo il potere di sciogliere le Camere spetta al Capo dello Stato. Ma qualora si dovesse chiudere l’esperienza Lega-grillina si tornerà alle urne o saremo costretti a vederci nuovamente amministrati da assurdi governi tecnici? Sappiamo bene che in questi casi i cosiddetti “responsabili” appaiono come funghi nel nostro sciagurato Paese.