Per adesso è saltata ogni ipotesi di un governo stabile anche se nelle ultime ore pare intravedersi all’orizzonte qualche timido spiraglio. E questo conforta dopo le preoccupazioni alimentate dalla fumata nera per la coalizione “Giamaica” in cui i Liberali hanno detto un secco no ad Angela Merkel rendendo sempre più probabile un ritorno alle urne, la prima volta dopo la fine della guerra. L’incapacità di formare un esecutivo stabile (che fa vacillare il mito dell’efficienza tedesca) si era del resto delineato in tutte le sue difficoltà politiche nel momento in cui il cancelliere ha perso nettamente le elezioni del 24 settembre scorso e che, dall’altra parte, ha fatto registrare una netta affermazione dell’estrema destra. Una emorragia di consensi, quella accusata dal cancelliere, che ha pagato in termini di popolarità per la gestione non particolarmente accorta sul tema dell’immigrazione. Merkel che ha sempre rappresentato la controparte della Brexit e di Donald Trump mantenendo ferme le proprie posizioni europeiste come quelle in difesa dell’ambiente garantendo una politica liberale e centrista ora segna purtroppo il passo. E le ripercussioni di questa impasse tedesca rischiano di pesare nel resto dell’Unione proprio nel momento in cui l’Inghilterra è azzoppata, la gestione Trump lascia spazi a parecchi interrogativi e da più parti le forze populiste europee allargano il proprio bacino in termini di consenso.
Ora, questi i timidi segnali di una possibile intesa tra le parti, la Spd di Martin Schulz potrebbe decidere di tornare al tavolo delle trattative per offrire un sostegno a un governo di minoranza guidato dall’attuale cancelliere. Anche se potrebbero esserci altre ipotesi da tenere in considerazione e che potrebbero essere materia di confronto: la più accreditata sarebbe quella di un nuovo esecutivo di grande coalizione che comunque potrebbe comportare un passo indietro da parte di Merkel. Una ritirata rimettendoci quindi la leadership che di fatto resta molto improbabile e che alla fine potrebbe spingere la stessa Merkel alla decisione estrema: indire nuove elezioni.
A questo punto, dopo il naufragio dell’operazione Giamaica, i riflettori sono puntati sull’ex presidente del Parlamento europeo spinto a riprendere i negoziati da un suo stesso compagno di partito, il neo eletto presidente della Repubblica Frank Walter Steinmeier, convinto fin da subito che un ritorno alle urne sarebbe negativo. Una situazione dunque difficile che comunque paventa, tra mille interrogativi, una certezza: da percorrere c’è un sentiero in salita e alquanto scivoloso a dimostrazione che anche la Germania è vittima della frammentazione politica, della polarizzazione. Una incertezza governativa che può andare avanti anche a lungo, purtroppo.
Certo è che un governo di minoranza mostrerebbe tutte le fragilità in termini operativi, tra l’altro un concetto più volte espresso dalla stessa Merkel in queste ultime settimane di caos politico che travolge, compromette la storica stabilità della locomotiva economica dell’Ue. Ma il senso di responsabilità di Berlino nei confronti dei partner di Bruxelles riuscirà a prevalere colmando così, almeno in parte, le pesanti divisioni tra schieramenti?
Nelle prossime ore l’agenda segna perciò nuovi tentativi di accordo per uscire da questa crisi teutonica. Tuttavia è paradossale parlare di crisi per un Paese che si trova sì in affanno, ma non è altro che rimasto travolto dal peso della propria prosperità. La disoccupazione è ai minimi storici, i tedeschi godono di buona salute economica, le esportazioni vanno a gonfie vele: non è curioso parlare di crisi con questi presupposti? I socialdemocratici di Schulz riflettano bene prima di prendere qualsiasi decisione. Sono certi di volere nuove elezioni? E’ incredibile che non si riesca a chiudere il cerchio. Viene addirittura da pensare che l’ultima cosa che vuole la Germania sia la propria fortuna che alla fine è a portata di mano.