Uso irregolare di fondi pubblici, nei guai anche il figlio Renzo detto il Trota e l’ex tesoriere Belsito
Ecco la fine di chi aveva fatto credere che il Nord sarebbe diventato come la Svizzera e che tutti avremmo viaggiato in Porsche.
Un bluff enorme che ha comunque reso ricchi parecchi personaggi della Lega – come del resto capita in altri partiti – catapultati nel giro di pochissimo tempo ai vertici di amministrazioni pubbliche e nelle più alte cariche dello Stato. I miracoli della politica che lancia anche chi nella normale quotidianità stenterebbe a trovare una occupazione.
Perché spesso questi personaggi, alcuni decisamente mediocri, nella vita non hanno arte né parte. Al massimo sarebbero finiti a fere gli usceri, con tutto il rispetto per chi fa davvero questo onorevolissimo lavoro.
Ma ancora peggio e vergognoso è quando c’è qualcuno che vuole strafare con i soldi degli altri quando, tra l’altro, per gli altri, ossia per il bene comune, questi rappresentanti del popolo oltre a sbandierare proclami e parole non hanno concluso nulla di tangibile. Lo zero totale.
Il Tribunale di Milano ha condannato in primo grado l’onorevole Umberto Bossi a due anni e tre mesi di reclusione, suo figlio Renzo a un anno e sei mesi e l’ex tesoriere del Carroccio, Francesco Belsito, a due anni e sei mesi di reclusione perché ritenuti colpevoli di appropriazione indebita.Bossi, a detta dei giudici, avrebbe utilizzato i fondi del partito per spese personali.
Entrando nello specifico della fase dibattimentale il pm aveva affermato che per Bossi sostenere i costi della sua famiglia con il patrimonio del partito sarebbe rientrato nella normalità, “un modo di agire consolidato e concordato” con gli stessi tesorieri, ovvero con Belsito e prima ancora con Maurizio Balocchi, avrebbe detto il senatur.
Sempre in aula è emerso inoltre che Belsito avrebbe distratto dalla casse della Lega circa mezzo milione di euro tra il 2009 e il 2011, mentre Bossi avrebbe speso 208mila euro di fondi sempre della Lega per sue esigenze personali.
Mentre il figlio Renzo, detto il Trota, ne avrebbe spesi 145mila euro, tra auto, multe da pagare e la presunta e ormai famosa laurea in Albania, costata ben 77mila euro. Mica male. Si parla di migliaia e migliaia di euro come fossero bruscolini.
Mentre ora Salvini prende le distanze dall’ex capo finito nei guai e liquida velocemente la faccenda dichiarando “fa parte di un’altra era politica” Bossi tenta di difendersi come può. Ma è imbarazzante sentirlo dire le stesse identiche cose che dicono tutti coloro che dalle aule parlamentari si ritrovano improvvisamente nelle aule giudiziarie.
“E’ un processo politico che voleva distruggere la Lega. Sono riusciti a farmi saltare da segretario della Lega, questo era l’obiettivo”, dice al cronista del Corriere. Insomma, l’ennesimo politico di turno che si sente perseguitato e quindi si scaglia contro tutto e tutti. Ovviamente, lo ricordiamo, si tratta del primo grado di giudizio ma intanto la vicenda campeggia sui giornali e imbarazza i vertici lumbard.
A suo dire il Trota non è stato colto in contropiede dalla sentenza relativa alle presunte irregolarità nella gestione dei soldi del partito perché questa condanna se l’aspettava. Tuttavia vuole precisare che la Lega mai gli ha pagato le multe, tantomeno la laurea in Albania, laurea, tra l’altro, che sarebbe frutto di una invenzione giornalistica, ribadisce Bossi jr.
Renzo torna poi sulle multe e ammette di averle prese ma con l’auto non sua perché di proprietà della Lega.
Ma “il partito non me le ha pagate, non ci sono i bollettini”. Non solo. Nel 2013, un anno dopo l’inizio dell’indagine, Renzo sostiene di aver rateizzato 15mila euro con l’Agenzia delle Entrate di multe prese, stavolta con la propria auto. Sia come sia ci si chiede in quale maledetta maniera utilizzi l’auto il Trota per aver accumulato un tale ammontare di contravvenzioni. Atteggiamento tipico di chi si è ritrovato nella vita tutto scodellato senza la ben che minima fatica e che sa che di denaro in tasca ce n’è. Anche per le cazzate.