IL DELIRIO DI UNA POVERA DONNA. COMPATIAMOLA

Non è nuova a queste sparate. Già nella primavera 2015, dopo aver ricevuto una delegazione di partigiani a Montecitorio per il 70esimo anniversario della resistenza, se la prese con l’obelisco del Foro Italico proponendo almeno di eliminare la scritta “Mussolini Dux”. Adesso la signora Laura Boldrini, presidente della Camera, ripete la propria straordinaria performance dichiarando che molti italiani si sentono a disagio quando passano davanti a edifici costruiti durante il Ventennio perchè offendono coloro che hanno liberato il Paese.
E allora ecco la brillante proposta della presidente: meglio abbatterli, raderli al suolo.
Ma forse bisognerebbe anche chiedere agli italiani se non si sentono a disagio ad ascoltare lei che è stata eletta in Parlamento con l’appoggio dei comunisti di Vendola e poi, una volta salita allo scranno più alto dell’aula, da autentica voltagabbana ha girato le spalle al povero Vendola che non l’aveva presa proprio bene.
Adesso però Boldrini esagera, la sua presunzione rasenta la follia quando invece farebbe molto meglio starsene zitta. E invece no, il suo delirio galoppa fino a spingerla al ridicolo: sogna di polverizzare tutti gli edifici fascisti e i simboli architettonici voluti dal Duce. Evidentemente Boldrini è rimasta affascinata dalla forza devastatrice dell’Isis che distrugge ogni testimonianza storica millenaria che si trova a tiro.
Bene, oltre a dimostrare, al di là di come la si pensi, la totale ignoranza in quanto a opere pubbliche e altri complessi storico-culturali, la signora Boldrini non si rende conto – e a questo punto ne abbiamo certezza – che allora bisognerebbe abbattere buona parte di tutte le città italiane, case, palazzi, strade e ponti ferrovie. E magari sostituire anche le coperture in ferro dei tombini dato che in alcune città ve ne sono alcuni che ancora riportano la scritta “Cavi elettrici. Anno XVII” , inteso come anno dell’era fascista, per chi non lo sapesse. Anche quelli via, bisogna ricordarlo a Boldrini.
Insomma, di lavoro ce ne sarebbe da fare. E tanto. Perché il fascismo, piaccia o non piaccia, investì parecchio sul fronte dell’architettura e nelle opere di pubblica utilità realizzando una mole imponente di complessi urbanistici e collegamenti stradali tuttora utilizzati. Per non dire di intere città che sorsero in quel periodo come Littoria (Latina) Sabaudia, Aprilia.
Pensiamo solo ad alcune eredità lasciate dal Ventennio che, a sentire Boldrini, dovrebbero finire sotto i colpi del piccone.
Ricordiamo per esempio solo alcune di queste opere, le più conosciute, perchè l’elenco sarebbe troppo lungo come l’intera costruzione dell’Eur a Roma con il famoso Colosseo Quadrato in marmo bianco per celebrare il ventennale della Marcia su Roma e del Foro Italico (Foro Mussolini). E poi Cinecittà, la stazione Termini, alcuni edifici di pregio dei ministeri, come quello dell’ambiente, l’università La Sapienza, i palazzi delle Poste e dell’Inps. Senza dimenticare il risanamento delle paludi dell’agropontino ad opera soprattutto di contadini veneti che ne fecero terra fertile. Anche queste aree dovrebbero tornare al fango e alle zanzare? Andando poi a Milano troviamo l’idroscalo, l’imponente Stazione Centrale, il Palazzo di Giustizia, mentre a Firenze la stazione di Santa Maria Novella e la Biblioteca Nazionale. A Napoli, tra gli altri, i palazzi delle Poste e della Questura, a Venezia il ponte del Littorio oggi della Libertà. In merito poi alle tratte autostradali vanno evidenziati i collegamenti strategici per gli spostamenti: la Genova e Sarravalle, la Milano Varese Bergamo, la Napoli Pompei e la Torino Milano. La nostra storia è questa e non può e non deve essere cancellata, tantomeno sarebbe impossibile eliminarla con le ruspe come vorrebbe la terza carica dello Stato consegnando alle future generazioni un cumulo di macerie.