di Domenico Ricciotti

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L’amministrazione del Campidoglio con l’avvento dei 5 Stelle sarebbe dovuta divenire quell’isola felice che Grillo vaticinava: l’era del buon governo. E invece, la catastrofe oltre sei mesi di non governo, per non usare il termine di ingovernabilità. E di chi è la colpa?

Analizziamo bene i fatti. La prima questione fu posta nel momento di decidere quali sarebbero stati i personaggi e i ruoli chiave nella nuova giunta Raggi. E subito scoppia il caso degli stipendi troppo alti, non solamente per le logiche grilline, ma anche per i parametri della stessa politica. Il nominato capo Gabinetto del sindaco lascia e con questo anche assessori appena nominati e dirigenti di aziende municipalizzate. Poi arriva il caso Muraro. L’assessore competente sulla raccolta dei rifiuti. La Muraro all’inizio resiste, poi si dimette. Sembrerebbe trattarsi di conflitto di interessi e la magistratura sta indagando.

Poi è stata la volta dell’inchiesta per abuso d’ufficio riguardante il potentissimo capo del personale del comune, Raffaello Marra, riguardante la nomina del fratello Renato ad altro e più remunerativo incarico all’interno dell’amministrazione. Raffaello Marra è tuttora in detenzione. Ovviamente la presunzione di innocenza vale per tutti. E alla fine si scoprono le polizze assicurative a favore della Raggi stipulate dal grillino Romeo, premiato dalla stessa Raggi con un incarico che gli triplicava lo stipendio. Questo fatto non è configurabile come reato, almeno fino ad ora dalla magistratura, ma è sicuramente inopportuno.

Davanti a questa sfilza di “inciampi” che hanno frenato, e non poco, l’azione della giunta Raggi, l’opinione pubblica si è iniziata a porre alcune domande sulla competenza, la capacità ed efficacia del governo grillino della capitale.

Si aggiunga anche il rifiuto, sostenuto dall’assessore all’urbanistica e dall’intera giunta Raggi riguardante le possibili olimpiadi a Roma nel 2024, che ha impedito che sulla capitale piovessero alcune decine di miliardi di euro dati e dallo Stato e dal CONI e dal CIO, che avrebbero agevolato il nuovo impianto urbanistico della città di Roma. Ma, purtroppo, la mentalità manichea e la paura della corruzione hanno bloccato ogni possibile iniziativa in tal senso.

Tuttavia, la giunta Raggi, al di là dell’apparenza, è spaccata al suo interno tra rigoristi e possibilisti. Tra i rigoristi vi è sicuramente l’urbanista Berdini, di provenienza dalla sinistra estrema, coinvolto nella giunta capitolina per la sua competenza e la sua visione sul recupero delle periferie. E fin qui tutto normale.

Quello che, però, stupisce è come l’armata brancaleone che governa oggi Roma sviluppi le sue dinamiche interne fino a paralizzare ogni attività. Berdini, nella sua visione integralista dello sviluppo urbanistico del territorio comunale, è contrario a tutto ciò che non sia il recupero delle periferie romane. Ma si dimentica che occorre creare sia sviluppo che, in mancanza di fondi pubblici, deve per forza giungere dall’impegno dei privati, sia recuperare ampie zone del territorio comunale con investimenti mirati per offrire un nuovo volto alla città, e sia soprattutto per le attività sportive e per far sviluppare le aree sottoposte a miglioria.

images-2Berdini ha sempre agito con spocchia e saccenza fino a dire che per il rifiuto alla costruzione del nuovo stadio della Roma “l’avevano preso sui denti”. Peccato che la sua dichiarazione è stata registrata e diffusa, forse proprio dai suoi avversari interni al movimento. E fu subito costretto a smentire le sue stesse dichiarazioni. Ma è evidente che aveva mal digerito questo sgarbo che lui attribuiva a qualcuno vicino alla Raggi più disposto verso la costruzione dello stadio.

E qui che entra in scena il peggior Berdini, che ne inficia addirittura la dirittura morale, non la competenza.

E’ contattato da un giornalista, di cui lui ne conosce l’identità, e fa dichiarazioni, anzi pettegolezzi, fondati o infondati, però molto diretti e allusivi, con l’invito al cronista di renderli pubblici come confidenze di una fonte anonima e che attaccano soprattutto la persona della Raggi, la sua capacità e la sua sfera affettiva. Ovviamente, si scatena il putiferio. Lui subito, una vola uscita la notizia a suo nome, smentisce e accusa il giornalista d’esser un conta frottole e un mascalzone. Ma lui anche questa volta è stato registrato. La Raggi è furente e lui è costretto a presentare le sue dimissioni, respinte con riserva.

L’aver affermato questioni inerenti la sfera affettiva, vere o presunte, della Raggi, è volgare e della peggiore scuola politica. La manipolazione dell’informazione è tipica di regimi fortemente ideologizzati che hanno sempre cercato di eliminare gli avversari pure costruendo ad arte comportamenti sconvenienti. Il tentativo di dire di essere finito in una trappola è stato patetico. Il giornalista è stato additato come un mascalzone, ma lui ha semplicemente fatto il suo dovere. Berdini, utilizzando la stampa voleva screditare la Raggi con una informazione, forse diffamatoria e che nulla afferiva all’attività politica, anche con giudizio sulle capacità personali della sindaca. Invece, lui partì per suonare e tornò suonato.

Non pago della vergognosa figuraccia fatta, nel migliore dei casi è passato per sciocco, il buon Berdini, comprendendo di essere ormai al termine della sua esperienza di assessore, dopo alcuni giorni di silenzio, ha rassegnato le sue irrevocabili dimissioni. La motivazione: non essere complice dello scempio urbanistico riguardo l’assenso alla costruzione del nuovo quartiere intorno al nuovo stadio della Roma.

Questo è solo un coprire le sue responsabilità di aver tentato di usare la stampa, fornendo illazioni in forma anonima con la finalità tutta politica per mettere in difficoltà la giunta di cui lui faceva parte. Gridare di lasciare la giunta, prima di esserne allontanato, per non essere complice del prossimo scempio e solo una copertura di responsabilità di azioni non moralmente idonee ad un uomo che ricopre incarichi pubblici.