Ma cosa accade in Italia?
di Domenico Ricciotti
Non è la prima volta, ne sarà l’ultima, purtroppo!
Raccontiamo il fatto. Un ragazzo, assieme alla sua ragazza, decide di trascorrere alcune ore di divertimento ballando in una discoteca della sua città. All’interno del locale un branco, o forse uno del branco, molesta la ragazza provocando l’intervento del giovane. Probabilmente le parole si sono fatte “grosse” e non certo amichevoli tra i ragazzi. Sembra tutto finito, ma appena lasciato il locale, ecco che il branco mette in pratica una vergognosa vendetta. Il ragazzo viene aggredito dal gruppo, colpito con calci e pugni e, quando intontito cade a terra, viene finito con un tondino di ferro. Almeno questa sembra essere la ricostruzione più probabile.
Soccorso, il ragazzo viene trasportato in ospedale e da lì diretto a Roma al policlinico Umberto I, dove nella serata muore.
Il violento, quanto vergognoso ed esecrabile, comportamento del branco è sorprendente in un luogo così tranquillo come la cittadina del frusinate, ma sorprende ancor più per il modo brigantesco posto in essere dal branco, anzi tipico di un branco di criminali, tutti tesi a darsi man forte a vicenda per recare il maggior danno possibile alla loro vittima. Non solo la città, ma tutta la provincia è scossa dal gesto e dalle sorprendenti modalità, che hanno causato, anzi volevano proprio causare, la morte del ragazzo.
Alcuni commentatori hanno stigmatizzato la modalità violenta del branco, sottolineando il fatto che la provincia italiana sia diventata quasi il luogo di una violenza inutile e pericolosa, espressione di una morale civica ormai cancellata dal DNA della gente. Noi rifiutiamo questa analisi. La provincia italiana è e resta nel suo complesso sana. Ma i giovani e gli emarginati sono fragili, dato che il luogo dove si insegnava l’educazione e il senso civico era la famiglia, oggi in crisi o scomparsa. Una famiglia tradizionale che era la camera di compensazione tra l’individuo e la società. Oggi non esiste più. L’individuo è gettato nell’agone della società ed è solo e nessuno è più in grado di aiutarlo. Essendo solo, l’individuo è anche debole, quindi cerca una sua forza nel branco.
Se uno prendesse singolarmente i membri del branco, si accorgerebbe della fragilità, che sconfina spesso nella codardia, del componente, ma insieme agli altri si dà forza, diventa tracotante e aggressivo e, infine, violento. E’ errato pensare che quei ragazzi, chiunque siano, non sono pericolosi, se estrapolati dal branco, anzi sono ancora più pericolosi, perché arrabbiati con una società che li ha di fatto emarginati, al cui interno non contano nulla. E da qui la loro repressa aggressività che esplode contro chi è ancora più fragile e debole, come il singolo ragazzo, che diviene preda e vittima sacrificale sull’altare della loro stupida violenta reazione alla società, attraverso la quale loro consumano il rito dell’affrancamento dalle convenzioni che la società impone, come il rispetto dell’altro. Reagiscono così per dimostrare la loro forza, la loro libertà, mentre in realtà dimostrano di essere dei deboli, degli insulsi e degli autolesionisti che non hanno affatto in considerazione la vita altrui e la propria.
Se questi delinquenti saranno assicurati alla giustizia, ci si accorgerà che sono giovani e si dirà, da parte dei loro legali, che non si rendevano conto di ciò che stavano facendo. Invece, hanno realizzato quello che volevano fare: dare una lezione alla società che li ha emarginati e che non garantisce loro alcun futuro, eliminando fisicamente un altro ragazzo come loro, ma che in quel momento era di ostacolo alla loro futile affermazione sociale davanti agli avventori del locale. E chi manca loro di rispetto nel loro inutile mondo, allora deve essere sistemato con una dura lezione, non importa se questi soccomberà. E’ la legge del più forte, non è certo la legge morale della convivenza civile.