Dopo Renault, anche BMW lancia l’allarme. Come prevedibile, le scelte green Ue ci stanno consegnando a Pechino, condannando l’industria automotive europea
La notizia è fresca delle ultime ore: il ceo di BMW Oliver Zipse (come già il ceo di Renault Luca de Meo) denuncia il rischio che lo stop ai motori endotermici voluto dall’Ue porti una guerra al ribasso sul fronte dei prezzi, dove la Cina con le sue nuove produzioni elettriche farebbe la parte del leone, aumentando in maniera importante le sue quote di mercato in Europa.
Zipse segnala, inoltre, da dove deriverebbe questo vantaggio competitivo cinese che ora minaccia i produttori europei (soprattutto teutonici): la forza del Dragone sarebbe nelle sue capacità, sviluppate negli ultimi anni, di dominare le catene produttive mondiali del settore batterie.
L’autogol Ue
Effettivamente, il piano Ue di eliminazione dei motori a combustione entro il 2035 mal si concilia con un settore che impiega nel continente europeo la bellezza di 14 milioni di lavoratori.
La pressione cinese sul mercato europeo dell’auto si vedrà già dal prossimo salone di Monaco. Lo slogan di quest’anno della principale fiera continentale dell’auto sarà “IAA Mobility”. Concetti come mobilità elettrica e il superamento dei tradizionali paradigmi di trasporto saranno al centro delle discussioni e dei forum nel centro bavarese.
I produttori cinesi si sono già accaparrati sontuosi stand con i marchi MG, BYD, Dongfeng, pronti a fare concorrenza con prezzi molto competitivi e tecnologie digitali all’ultimo grido.
Le produzioni cinesi stanno mettendo una forte ansia ai produttori europei: costi di produzione inferiori, regolamentazioni meno rigide e vantaggi fiscali, potrebbero permettere alle aziende cinesi di penetrare il mercato europeo in un contesto di alti costi di finanziamento e vincoli legislativi che obbligano il ricambio del parco auto continentale.
Insomma, quello del ceo di BMW non è il grido d’allarme isolato di un outsider complottista, ma è chiaramente la denuncia di uno dei principali produttori mondiali sul paradosso che si sta venendo a creare, un cul-de-sac dalle conseguenze potenzialmente devastanti: si rischia di azzerare uno dei principali segmenti industriali del continente europeo, motore di sviluppo, innovazione ed occupazione, consegnando il tutto senza contropartita al Dragone cinese.
Dipendenza da Pechino
Insomma, non solo dominio sull’acciaio, sui pannelli solari e sulle batterie, ora la Cina è sempre più vicina anche ad una posizione dominante nel settore dell’auto.
I Paesi Ue, e la stessa Germania, che registrano contrazioni significative del Pil, si apprestano a diventare sempre più dipendenti dalla Cina (oltretutto da un punto di vista geopolitico e militare su una sponda opposta) con conseguenze ad oggi ancora da soppesare.
Forse, oltreché un mea culpa ed un’ammissione di errato posizionamento strategico in diversi settori come economia, demografia ed energia da parte della stessa Germania (che poi trascina tutta l’Ue), come ha segnalato Edward Luttwak in un suo recente tweet, andrebbero ridefinite nuove politiche di sviluppo armonizzate al pragmatismo e non alle ideologie estremiste dell’attuale Zeitgeist green.
Il tema della riconversione green sarà sempre più centrale anche nel dibattito politico in vista delle elezioni europee del 2024, ma nel frattempo Pechino sta attivamente muovendo le sue pedine, erede degli insegnamenti del generale cinese Sun Tzu: “L’arte della guerra è sottomettere il nemico senza combattere“.
Antonio Zennaro – Atlantico