Senza riforme si rischia di uscire dall’Euro
La Federal Reserve ha appena alzato i tassi di interesse e nel giro di poche ore l’euro ha sfiorato la parità con il dollaro. Questo, dopo che il costo delle materie prime dovuto al taglio del greggio fosse aumentato, in pratica, se l’Italia avesse ancora la lira, dovrebbe presentarsi con le carriole piene di monete per procurarsi il fabbisogno energetico sufficiente ad andare avanti il resto dell’inverno. Purtroppo non si è saputo sfruttare il trend positivo del rapporto euro costo materie prime e ancora una volta l’Italia ha perso la possibilità di aggiustare i proprio conti e promuovere lo sviluppo con condizioni internazionali favori.
Dal 2008 con la grande crisi finanziaria, tutto è stato più difficile ed il governo appena insediatosi deve tracciare al più presto una strada di riforme strutturali che tenga conto di questo scenario devastante che lo precede. Nella sua prima missione da presidente del Consiglio italiano in Europa, l’onorevole Gentiloni ha potuto toccare con mano, se già non lo avesse fatto da ministro degli Esteri, le preoccupazioni generali per la stabilità della moneta unica che ci accompagnano. Queste sono dovute anche all’opinione diffusa che l’alto livello di debito pubblico e la bassa crescita, sollevino interrogativi su quale potrà essere il futuro dell’Italia.
L’Europa senza l’Italia, dopo aver giù perso l’Inghilterra, non sarebbe più l’Europa e di questo si rendono conto perfettamente Francia e Germania. Parigi e Berlino possono dare a Roma quel sostegno necessario per sviluppare una nuova stagione di riforme ma se il paese non riesce a tornare a crescere, questo sarà molto difficile. Gentiloni avrà capito che il suo governo senza riforme e senza crescita avrà una vita più breve di quanto già si possa ipotizzare e sarebbe destinato a perdere anche la simpatia di cui è stato oggetto da parte delle principali nazioni europee. Queste per amore verso la casa comune dovrebbero sforzarsi di comprendere le condizioni proibitive in cui versa l’Italia evitando di un irrigidimento pignolo che contraddirebbe lo spirito di apertura che ha contraddistinto la costruzione europea sin dai suoi primi passi. D’altra parte il governo italiano ed i suoi ministri non possono pensare che tutto gli sia dovuto, rinunciando a fornire soluzioni intraprendenti e coraggiosi, tali da non consentire che si allentino ulteriormente le maglie comunitarie.
Il rischio c’è ed è grande.