Senza ID non ci sono i numeri per un centrodestra europeo (né con i cd “liberali”): quindi a cosa si sta lavorando? Nel 2024 Meloni con Socialisti e Macron?
Il bisticcio tra i due vicepremier, Antonio Tajani e Matteo Salvini, sulle alleanze europee ci induce a tornare sul tema che avevamo affrontato qualche giorno fa: la necessità di un cambio di maggioranza in Europa, come condizione – sebbene da sola non sufficiente – per una Greenexit, e le difficoltà, numeriche e politiche, di una sua realizzazione.
Ultima spiaggia
Le prossime elezioni europee sono dal nostro punto di vista le più importanti dalla nascita dell’Unione, perché ai nostri occhi rappresentano l’ultima spiaggia per fermare un treno diretto a gran velocità verso il baratro. Immigrazione, transizione green, regolamentazioni varie sempre più pervasive, pianificazione “sovietica” stanno impoverendo il Continente e disgregando le società europee.
Ora, sperare che questo treno si fermi da solo, per le divisioni tra gli Stati membri (in breve: tra Francia e Germania), il che è altamente improbabile, non è una politica. Una politica è costruire su una opposizione esplicita all’attuale corso a Bruxelles le basi per una maggioranza alternativa da qui alle elezioni europee del 2024. Per provare a scongiurare la previsione di Margaret Thatcher:
“L’Europa [intesa come Unione europea, ndr] non si basa su una lingua, cultura e valori comuni… L’Europa è il risultato di piani. Si tratta, infatti, di un classico progetto utopistico, un monumento alla vanità degli intellettuali, un programma il cui destino inevitabile è il fallimento: solo l’entità del danno finale è in dubbio”.
Restano poco meno di dodici mesi per determinare le condizioni sia politiche che numeriche per una maggioranza di centrodestra al Parlamento europeo, sull’asse Ppe-Ecr, che esprima una Commissione di centrodestra. Sarebbe una svolta senza precedenti per l’Ue.
Lavori in corso?
Anche se al Corriere della Sera Giorgia Meloni ha smentito trattative in corso, sotto traccia si sta lavorando, come ha giustamente osservato ieri Giuseppe Di Lorenzo. Oggi Meloni sarà a Varsavia dal premier polacco Morawiecki per parlare di migranti ma forse, da presidente dell’Ecr, anche di alleanze in vista del 2024.
Nelle ultime settimane, a Bruxelles, sui singoli provvedimenti si sono formate maggioranze, o meglio quasi-maggioranze, diverse da quella Ursula: senza Socialisti e Verdi. Il pareggio nella votazione di martedì in Commissione Ambiente sulla legge per il “ripristino della natura” ne è l’esempio finora più riuscito.
Difficoltà numeriche
Le difficoltà, dicevamo. Dal punto di vista numerico, l’ostacolo principale è sistemico: un sistema elettorale proporzionale concepito per garantire la più alta rappresentatività del Parlamento europeo, quando ancora la legislazione Ue non era così pervasiva e, soprattutto, la Commissione non agiva da vero e proprio governo di un Super-Stato.
Ora che l’azione della Commissione è sempre più politica, un sistema che di fatto non permette l’alternanza rappresenta un problema di democrazia. In virtù di tale sistema, infatti, Socialisti e Popolari sono riusciti finora ad assorbire sconfitte anche consistenti, come nel 2019, senza cambiamenti di rilievo negli equilibri di potere delle istituzioni Ue.
Per provare, ciò nonostante, a determinare le condizioni per un cambio di maggioranza, occorre innanzitutto che i partiti di centrodestra vincano le elezioni del 2024. Ma per vincere le elezioni del 2024 dovranno essere capaci di spiegare agli elettori la posta in gioco e di proporre loro una vera alternativa. Tradotto: devono presentarsi alleati già prima del voto.
Difficoltà politiche
E qui veniamo alle difficoltà in senso stretto politiche, le condizioni per dar vita ad un’alleanza tra i partiti di centrodestra. Sembra avviato un percorso di avvicinamento tra Ppe ed Ecr, ma come mostra il voto che ha bloccato in Commissione Ambiente la legge per il “ripristino della natura”, Ppe ed Ecr da soli non bastano. Martedì scorso sono serviti anche i voti degli eurodeputati di Identità e Democrazia (il gruppo della Lega e di Marine Le Pen) e di alcuni liberali.
Ora, Tajani ha posto un veto sulla Le Pen e sulla tedesca Alternative für Deutschland, quotata dai sondaggi al 21 per cento. Da qui la polemica con Salvini, che ieri ha risposto: “il centrodestra italiano esteso all’Europa, senza escludere a priori nessuno, altrimenti ci sarà l’ennesima maggioranza con la sinistra, con i socialisti, con Macron”.
Sempre ieri Tajani ha ribadito il suo no a Le Pen e AfD, sebbene non alla Lega, spiegando ai cronisti di “puntare ad una maggioranza Ppe-Ecr-Liberali” (quindi con Macron). Tuttavia, è numericamente impossibile una maggioranza di centrodestra in Europa senza il gruppo ID (e forse anche con), né basterebbero i cd “liberali”. Certo, Le Pen e AfD dovrebbero per lo meno de-putinizzarsi, richiesta non indecente se fosse davvero sul tavolo l’ipotesi di un centrodestra europeo.
Ovviamente non sarà Forza Italia a decidere per il Ppe. Sarà la CDU di Friedrich Merz, oggi molto diversa da quella guidata da Angela Merkel, perché conclusa la lunga esperienza delle Grandi Coalizioni, oggi si trova all’opposizione ed è incalzata da destra proprio da AfD. Se non cambia rotta, rischia l’erosione dei consensi.
Puntellare Ursula?
Il contesto sembra favorevole quindi ad uno sganciamento del Ppe dai Socialisti, che però è tutt’altro che scontato. Non è detto che l’avvicinamento in corso tra Ppe ed Ecr sia finalizzato a gettare le basi di un centrodestra europeo. Per entrambi l’obiettivo potrebbe essere diverso.
Per il Ppe, un flirt per lanciare un segnale agli attuali partner di coalizione a Bruxelles e, magari, prevedendo un ulteriore indebolimento elettorale nel 2024, un tentativo di attirare l’Ecr nella “maggioranza Ursula” per ottenere poi il massimo dalle trattative per i nuovi equilibri di potere, per esempio l’ambizioso capogruppo Manfred Weber alla guida della prossima Commissione.
Ma anche per l’Ecr l’obiettivo potrebbe essere ben diverso: trattare da una posizione di forza il proprio ingresso nella “maggioranza Ursula”, nella speranza (illusione?) di spostarne verso destra l’asse.
Insomma, siamo sicuri che il tema sia per tutti gli attori quello di definire il perimetro di “una casa comune del centrodestra alternativa ai socialisti”? Certo, bisticci in piazza non aiutano la tessitura di una tela che in ogni caso appare fragilissima.
Federico Punzi – Atlantico Quotidiano