di Domenico Ricciotti

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Abbiamo subito una campagna referendaria di una aggressività sconcertante. Non si è mai entrato nel merito del quesito referendario. Ci si è schierati aprioristicamente con il SI o con Il NO, per appartenenza ad uno o all’altro schieramento. Si sono offesi e scherniti gli avversari definendoli o” servi del capo” o semplice “accozzaglia”. Invece, la questione più importante, ovvero se le riforme oggetto del quesito erano le migliori e le più appropriate per le nostre istituzioni, è rimasta sullo sfondo e usata come scusa per lo screditamento continuo delle ragioni dell’avversario o dell’avversario stesso.

Il referendum è passato.

Ha vinto democraticamente il NO.

Adesso si pone il problema dell’andare avanti.

Renzi, come promesso, si è dimesso, ma a metà. Il governo si è dimesso con lui, come era inevitabile conseguenza. Il presidente Mattarella aveva due strade da percorrere, visto che il governo Renzi si era dimesso avendo comunque ottenuto, come suo ultimo atto parlamentare, una fiducia che, pur non esistendo, è stata definita come tecnica: o il naturale rinvio al Parlamento con una nuova formale richiesta di fiducia; oppure, accettare con riserva le dimissioni di Renzi ed affidare l’incarico nuovamente al primo ministro uscente.

Mattarella, venendo meno a quella prassi costituzionale consolidata del reincarico (interrotta inopinatamente da Scalfaro fino a Napolitiano), ha accettato le dimissioni e ha investito, non incaricato, Gentiloni del ruolo di primo ministro. Infatti, nel caso di mancata fiducia delle Camere, sarà lo stesso Gentiloni a restare in carica per gli affari correnti e, quando ci sarà una nuova legge elettorale, a guidare lo stato alle elezioni anticipate.

Tuttavia, proprio alla luce dell’esito referendario, è assurdo che ci si stracci le vesti e si urli al complotto, strepitando a destra e a manca che è la quarta volta (dopo Monti, Letta, Renzi e adesso Gentiloni) che viene insediato un governo non eletto dal popolo. Proprio perché siamo ancora formalmente in una repubblica democratica di carattere parlamentare, i governi, come le maggioranze che le compongono, nascono e muoiono in Parlamento. Se il governo ottiene la fiducia di entrambe le Camere, allora il governo è pienamente legittimo. E quindi si deve accettare e politicamente le opposizioni devono iniziare la loro opera di controllo con l’azione parlamentare.

Quello che è l’attuale vulnus a questa legittimazione parlamentare del governo è che il presidente Mattarella ha accettato le dimissioni, di evidente carattere politico, del governo Renzi senza un passaggio parlamentare e senza un manifesto e chiaro voto di sfiducia parlamentare.

Ma comunque il governo Gentiloni, in presenza di un voto di fiducia, sarà pienamente legittimo. Questo è incontestabile.