Converrebbe, cercare di capire come mai, in occasione della consultazione referendaria di ieri, non sono andati a votare neppure i leghisti, gli aderenti a Forza Italia, Fratelli d’Italia, Italia Viva, Azione

Certo: il caldo torrido ha svuotato le grandi città: chi ha potuto si è rifugiato nelle spiagge o al fresco di collina e montagna; certo: a forza si sostenere per settimane che il quorum del 50 per cento più uno degli aventi diritto era una montagna più ardua da scalare dell’Everest, ha certamente scoraggiato tanti: che senso prendere il disturbo di andare al seggio, se tutti sostengono che è cosa inutile? Certo: i quesiti referendari sopravvissuti alla falcidia operata dalla Corte Costituzionale erano almeno all’apparenza quelli più ‘tecnici‘, meno comprensibili, trainanti; certo: del suo ce l’ha messa una mancata informazione da parte del servizio pubblico radiotelevisivo e di buona parte delle emittenti private: si ha un bel dire che l’informazione in parte è stata sopperita dai social: a parte che si può leggere ogni sorta di castroneria, è un fatto che la maggioranza degli italiani ancora oggi attinge informazione e ‘conoscenza’ dalle TV, e dunque si raccoglie quello che si semina; certo: si dirà che il Partito Radicaleper questa campagna referendariaaveva un alleato imbarazzante e poco credibilela Lega in crisi di consensoguidata da un più che appannato e confuso Matteo Salvini, che ogni giorno si ingegna a farne una (male) senza pensarne nessuna.
Certo: si possono dire molte altre cose per giustificare il risultato di ieri. Resta il fatto: è la più bassa affluenza che la storia dei referendum registri.

Analisti e commentatori del giorno dopo e del fatto compiuto spiegheranno ora che gli italiani si sono ‘stancati‘ e che si è troppo abusato dello strumento referendario. Non è ben chiara quale ‘stanchezza’ comporti impiegare cinque minuti di tempo per recarsi a un seggio e tracciare una X su un SI o un NO; andrebbe comunque spiegato perché una quantità di italiani rinunci consapevolmente al diritto/facoltà di potersi esprimere in prima persona. Si dice che una crescente quota di italiani è ormai sfiduciatanon crede più allo strumento non solo referendarioma alla scheda in quanto tale (sempre più bassa, infatti, la percentuale di votanti anche per le elezioni politiche ed amministrative). Converrebbe, dunque, avviare una seria riflessione sulle ragioni che sono alla base di questa sfiducia; perché si disertano le urne, si rinuncia. Cercare di capire come mai, in occasione della consultazione referendaria di ierinon sono andati a votare neppure i leghistigli aderenti a Forza ItaliaFratelli d’ItaliaItalia Viva, Azione. Perché gli elettori di Salvini, Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni, Matteo Renzi, Carlo Calenda, non hanno seguito l’indicazione per il SI espressa dai loro leader. I dirigenti di queste formazioni politiche si dovrebbero interrogare sulle ragioni di questo ulteriore scollamento.

Segnali in questo senso se ne sono avuti: i referendum per una giustizia più giusta si sono potuti tenere perché alcuni consigli regionali li hanno presentatila soglia delle 500 mila firme di cittadini (più altre 250mila che è buona regola raccogliere, perché molte adesioni possono decadere per errori tecnici), non si sono raccolte; e certamente gli elettori della Lega al momento della raccolta delle firme era superiore a questa cifra. Come mai tanti elettori del Carroccio non hanno apposto la loro firma? Salvini su questo probabilmente non avvierà alcuna riflessione. Eppure è clamoroso che di tutti i leader leghisti, quello che si sia esposto sia Roberto Calderoli, mentre gli altri sono rimasti nelle retrovie a guardare come sarebbe finita. Quella fetta ‘governista’ settentrionale della Lega da tempo ha affilato i suoi coltelli. I vari Giancarlo Giorgetti, Luca Zaia, Massimiliano Fedriga, da tempo, come il proverbiale cinese, sono appostati sulla riva del fiume, in attesa.

Un sondaggio di Ipsos di fine maggio ottimisticamente, fermava l’asticella dei votanti tra il 27 e il 31 per cento. Altro ‘segnale’ non colto.
Il ‘flop‘ referendario non è tanto o solo la pietra tombale per molto tempo dello strumento in quanto tale, o una sconfitta del Partito Radicale nella sua marcia per una giustizia più giusta. E’ soprattutto la sconfitta di una classe politica che in Parlamento non riescenon vuolenon sa predisporre e varare le riforme da tutti invocate e ritenute urgenti e indispensabilie del suo vistoso e crescente scollamento con un popolo che -certamente sbagliando- rinuncia alle occasioni che via via si presentano per esprimere la sua volontà su questioni che lo riguardano direttamente.
Questa consultazione, conferma che anche in Italia, come un po’ dappertutto in ‘Occidente’ (e non solo in Europa), si afferma e consolida un fenomeno che merita di essere studiato e analizzato con cura: una a/democrazia cattiva. In generale gli elettori e i popoli sono trattati (e considerati) alla stregua dei neri citati da George Bernard Shaw: gli si fanno pulire solo le scarpe, e poi li si rimprovera che solo le scarpe sanno pulire. Se gli elettori e i popoli vengono ridotti alla stregua di sudditi privi di doveri e diritti ( in quest’ordine, come ricorda un padre della patria come Giuseppe Mazzini), fatalmente si perde gusto e abitudine all’essere cittadini.
Non mancherà qualche leaderino che cercherà di mettere il cappello su questa vistosa ‘diserzione’ delle urne, e non si renderà conto che al pari della campana di John Donne, questa ‘astensione’ è visiva espressione di una disaffezione che riguarda anche chi, in questa occasione, per meschino calcolo contingente, ha scelto di farsene alfiere. Mentre è solo una ridicola mosca cocchiera.

Valter Vecellio – L’Indro