Gli incontri notturni di Giuliano Amato, al lavoro, come altri, per farsi eleggere alla Presidenza della Repubblica. Che sarebbe cosa nostra e invece è di pochi ‘loro’ emeriti e non, insomma politicanti
Una volta di più parliamoci chiaro sulla corsa al Quirinale: almeno con i pochi che leggono queste righe, scritte da un non-giornalista, che cerca di pensare da solo.
Se sia o meno vero, non lo so, ma credo fermamente che la sostanza lo sia. Mi riferisco alla descrizione de ‘l’Espresso‘, a firma Carlo Tecce, di un incontro -uno di una serie- notturno nella sede, chiusa, della Enciclopedia Treccani, nello studio, chiuso, del ‘presidente emerito‘ della stessa.
Tanto per precisare, avendo ‘compulsato’ il sito della Enciclopedia, non esiste un ‘Presidente emerito’. Ma questa è una ‘scivolata’ frequente in questo Paese, dove si attribuiscono titoli a casaccio, senza rendersi conto del loro significato. Quello di ‘emerito’ è uno di essi. Non per pignoleria, preciso: l’«emeritato» è un titolo accademico, che viene (o veniva non so ormai più nulla dell’«Università» italiana) conferito ai professori che vanno in pensione, dai rispettivi Consigli di Facoltà o quel che sia, e che serve solo a sottolineare «l’importanza» per l’istituzione della persona (per meriti scientifici e accademici, come ovvio) al punto che, benché non insegni più regolarmente, possa partecipare ai consigli di Facoltà (o varianti) e, ma non ne sono sicuro, possa tenere quelli che una volta si definivano ‘corsi liberi’, cioè corsi che si possono tenere e ai quali si può partecipare per interesse esclusivamente culturale. Come al solito le ‘procedure’ burocratiche per conferire il titolo, sono inutili e farraginose, e comunque richiedono una espressione di volontà della struttura della quale si faceva parte. Il che implica, anche se non dovrebbe proprio, che l’interessato si dia da fare per ottenere questo titolo puramente onorifico: siamo in Italia, ma non è che non accada anche altrove, da noi, solo un po’ di più.
Alla Enciclopedia non mi risulta che esista nulla del genere, come ovvio. Esiste un ‘Comitato d’onore’ del quale fanno parte gli ex presidenti dell’Istituto, non ‘emeriti’. Se a costoro sia dato un ufficio o altro, non so, ma non lo credo. Sia o meno dato, fuori dell’orario di apertura l’ufficio dovrebbe essere chiuso, a meno che gli interessati non dispongano di chiavi di accesso, cosa molto dubbia. Ma lasciamo perdere. In un edificio come quello della Treccani, non credo che si entri come a casa propria: ci saranno custodi, sorveglianti, eccetera. Ma tant’è, non importa. Semplice scimmiesca curiosità.
Carlo Tecce, descrive, in termini un po’ romanzeschi (quasi ‘gotici’), l’arrivo in ora molto tarda di auto che ‘scivolano’ silenziose, senza luce blu, si accostano e ne scendono persone … importanti: ministri, parlamentari, e chi altri. Lo dice lui, sarà vero.
Ma che ci vanno a fare? A parlare, dice Tecce, con il prof. Emerito Giuliano Amato, tra qualche giorno Presidente della Corte Costituzionale, come quasi tutti i giudici alla fine del mandato, già Presidente di una infinità di cose, e attualmente, pare, lo dice Tecce, attualmente aspirante alla Presidenza della Repubblica e (ma qui Tecce toppa di brutto) «che presiede ancora da emerito, insieme al direttore generale Massimo Bray» … dal sito della Treccani risulta che il Presidente sarebbe ‘un certo’ Franco Gallo (già Presidente della Corte Costituzionale), ‘professore emerito’ nominato nel 2014.
Potrei sorvolare sulla descrizione vagamente carbonara di Tecce. Ma certo è che, a quanto pare (non mi risultano smentite) vi si discute della elezione dell’emerito a Presidente della Repubblica.
È perfettamente legittimo che chiunque voglia aspirarvi possa cercare di farsi eleggere. Silvio Berlusconi, usando come telefonista l’esperto in capre Vittorio Sgarbi, lo fa quotidianamente, altri lo fanno di certo in altro modo, ma la domanda di fondo è perché lì, perché di notte, perché in quel modo.
Potrebbe, l’emerito, ricevere (o, magari, andare a trovare) gli ‘importanti’ a casa sua, offrirgli un caffè fatto da lui a casa sua, farlo sedere sul divano del suo salotto o inginocchiarsi dinanzi alla sua scrivania, fargli aprire la porta dalla sua (come direbbe la signora Cirinnà) cameriera.
Potrei aggiungere: ma perché la cosa viene discussa tra potenti, perché questi incontri segreti, ma, specialmente, che ci si dice in questi incontri? Perché su Berlusconi, lo sappiamo benissimo: lui telefona uno per uno a tutti i parlamentari che dovranno votare, e gli ‘offre’ qualcosa in cambio del voto o gli ‘chiede’ di votarlo. Non bello, ma prevedibile: questo è il modo in cui si fa politica in questo Paese.
Certo, non sarà stato l’emerito, né il primo né l’ultimo a ‘trattare’ di queste cose di notte, ma in piazze buie con auto silenziose, in questo clima (lo dice Tecce, no?) carbonaro e segreto, in edifici un po’ inattesi, diciamoci la verità, è un po’ singolare. Anche se sono non certo, certissimo, che l’emerito abbia tutto il diritto di incontrare lì chi vuole e farlo di notte o anche di giorno, magari, e magari andandogli lui in persona ad aprirgli la porta.
Anzi, chiunque, ha il diritto di incontrare chi vuole e dove vuole. Certo, se io incontrassi qui a casa mia (io non sono emerito di nulla e di nessuno, e, se è per questo, manco di casa mia) dovrei rispondere, io, al citofono, dovrei andargli ad aprire, io, la porta, dovrei preparagli, io, una tazza di caffè, o, visto che si farebbe in ore notturne (dio solo sa perché!) gli verserei, io, un bicchierino di quei liquori sopraffini che faccio, io, a casa, e così via.
Ma l’emerito, no. E certo molti altri emeriti, sono attualmente al lavoro in maniera analoga. Ivi compreso l’ultimo candidato scaturito dal cappello delle nostre convulsioni (cioè, da quelle dei nostri politicanti), il signor Gianni Letta, zio dell’altro Letta … una cosa in famiglia, ma con molti ammiccamenti e quindi foriera di cose divertenti tipo quella di cui si legge in questi giorni sui giornali della cacciata del figliolo Amadori ad opera del padre Amadori, o il contrario non ho ben capito, comunque sempre di polli si tratta …
Già. Ma qui, non si tratta di polli.
Si tratta di quella banalità che si chiama ‘Stato italiano‘, patria, come direbbe Giorgia Meloni. Insomma, se non sbaglio di grosso, casa nostra, e anche ‘cosa’ nostra non come quell’altra ‘cosa’ nostra, sì, ma di pochi ‘loro‘.
Sessanta milioni di persone, gravate dal virus, costrette a indossare mascherine, costrette a fare vaccini, alle prese con i problemi di sbarcare il lunario, incapaci di prevedere un futuro leggibile, assisteranno inoperose e silenti alle contorsioni e agli inciuci al buio di quattro politicanti, ricchi di auto con luce blu, educatamente spenta, e di generosi stipendi frutto delle nostre tasse e del loro indefesso lavoro.
Non avete l’impressione che la cosa riguardi un po’ anche noi?
Giancarlo Guarino – L’Indro