Berlusconi come Cesare: congiurati già all’opera
Risiko, rebus, ginepraio… I frequentatori dei vari ‘Palazzi’ del potere, quelli istituzionali e quelli reali, si sbizzarriscono con mille definizioni per descrivere quello che accade in queste ore e giorni; e mille ‘sussurri’ e ‘grida’ per quel che riguarda la successione di Sergio Mattarella al Quirinale.
Silvio Berlusconi, novello Cesare, ha pronunciato il suo ‘iacta alea esto‘. Riuscirà ora nell’impresa di guadare il suo Rubicone? Quello che è certo è che una quantità di congiurati stanno già tramando guidati da novelli Bruti e Cassio, i pugnali già pronti per l’uso. Ostenta ottimismo lo stato maggiore di Forza Italia, dopo il vertice nell’abitazione romana di Berlusconi a Villa Grande. E’ vero: nessuno gli ha contestato il diritto di potersi candidare; tutti, formalmente, hanno riconosciuto che non solo il centro-destra può proporre una ‘sua’ candidatura e intende farlo; e nessuno ha messo in discussione che a questa ambizione osti l’età, la salute ballerina, le avventure (e disavventure) giudiziarie.
Dietro questa apparente unità, però ecco affiorare mille dubbi e perplessità, riserve e non pochi dissensi.
Certamente è un refuso quel titolo del ‘Secolo d’Italia‘, giornale on line che affianca Fratelli d’Italia, che esorta Berlusconi: ‘scelga la riserva‘; certamente è stato un ‘Munaciello’ in trasferta e finito in tipografia, a sostituire l’originario ‘sciolga’; tuttavia, se di caso si tratta, va pur detto che fa bene le cose: quel refuso è una sorta di lapsus freudiano.
Ignazio La Russa, uno dei consiglieri più ascoltati da Giorgia Meloni, non ha remora a dire che per quel che riguarda il suo partito, in ‘panchina‘, ci sono altri tre o quattro candidati, se si dovesse accertare che Berlusconi non riesce a sfondare. Altri ‘grandi elettori’, richiamandosi all’attualità, confidano la preoccupazione che possa accadere qualcosa di simile a quello che è successo al tennista serbo Novak Djokovic: troppa sicurezza, una sicumera che non corrisponde alla realtà; e alla fine l’Austrian Open che sfuma miseramente; che si avveri la fosca previsione di Gianni Letta, cauto e profondo conoscitore dei giochi e degli intrighi di Palazzo: «Caro Silvio, attenzione, rischi una figuraccia».
Marco Follini, che le dinamiche del ‘Palazzo’ le conosce come pochi, e le studia da sempre, avverte: «La quirinalogia, affannoso metodo empirico con cui la politica e i suoi esegeti si danno da fare per dar conto del Presidente che verrà e di come si comporterà, è in realtà una scienza imperfetta. In questo campo la regola è l’eccezione, e chi mette insieme tante eccezioni con l’idea di farne una regola finisce quasi sempre per fare una brutta figura».
Non resta che cercare di tenersi ai fatti, con l’avvertenza che la situazione appare insieme fluida e opaca; e che basta un sospiro per far crollare sapienti castelli come se fossero quelli che si fanno con le carte da gioco. Matteo Salvini, per esempio. Assicura che il «centrodestra compatto e convinto nel sostegno a Berlusconi». Il ‘sostegno’: sulla carta Berlusconi può contare su 450 voti; ne mancano una sessantina. In realtà assai di più, perché per quanto si possano ‘segnare’ le schede per controllare chi vota come, i franchi tiratori non mancheranno di sicuro.
In realtà, si stanno giocando sullo stesso tavolo una quantità di partite, e si scontrano tanti interessi diversi e spesso opposti. Non c’è parlamentare che non desideri arrivare almeno fino a settembre, non foss’altro per salvare la pensione; non c’è parlamentare che si senta sicuro di tornare a Montecitorio o Palazzo Madama. Non c’è parlamentare che non sia consapevole del fatto che almeno la metà degli attuali deputati e senatori non verrà neppure ricandidato e tornerà privato cittadino.
Dunque, chiunque assicuri che la legislatura non verrà interrotta, viene guardato con simpatia. E’ la carta che gioca Berlusconi, la ‘sirena’ per catturare il consenso di tanti Grandi Elettori. Ci sono però tre leader che hanno interesse (e non lo nascondono) a elezioni anticipate: Meloni, convinta di fare il ‘pieno’, alle spese di Forza Italia e Lega; Giuseppe Conte, consapevole che le truppe grilline saranno decimate: ma di gran lunga preferisce poter controllare pattuglie ‘sue’, e affrancarsi dagli opprimenti usberghi di Luigi Di Maio e Beppe Grillo; e infine Enrico Letta, alla guida di un Partito Democratico frantumato in una decina di correnti e fazioni: il voto spazzerebbe molti avversari interni. E’ pur vero che PD, ma anche M5S e Italia Viva (la consistenza parlamentare di Matteo Renzi è consistente), come potrebbero accettare Berlusconi Presidente?
Ragionevolmente il leader di Forza Italia dovrebbe accogliere il consiglio di Letta (Gianni): fare il king maker: indicare lui il candidato possibile di area, e lavorare perché sia accettato anche da almeno una parte del centro-sinistra. Ipotesi ragionevole. Troppo.
«In questo Parlamento», ricorda Letta (Enrico), «nessuno ha la maggioranza: dobbiamo trovare un’intesa su un presidente istituzionale, super partes e sulla prosecuzione della legislatura per affrontare Covid, Pnrr e il drammatico caro energetico che impatta sulle bollette. Sbaglia il centrodestra perché è evidente che la candidatura di Berlusconi è un vicolo cieco: cerchiamo questo nome, cerchiamolo insieme». Letta (Enrico) evita di fare nomi, dice che il nome del candidato deve venire da un’intesa con gli alleati del PD e il centrodestra. E Mario Draghi, che fine gli si fa fare? «Draghi gioca un ruolo fondamentale per il Paese e va tutelato»; vai a capire cosa vuol dire.
Consapevoli dell’arbitrarietà dei possibili pronostici, si azzarda comunque una rosa di possibili candidati.
Draghi, per cominciare: ben visto da Mattarella; da una quantità di poteri reali; ottimo credito all’estero; ottimi agganci in Vaticano; non puoi dire sia di destra, ma neppure di sinistra (nessuno sa cosa abbia votato e a chi vadano le sue simpatie). Berlusconi, contro (quasi) tutte le previsioni; Giuliano Amato, eterna ‘riserva’ della (prima) Repubblica; Marta Cartabia (buone possibilità: cattolica, ben vista oltretevere; donna; già presidente della Corte Costituzionale; con l’handicap di essere ben poco ‘giustizialista’)… C’è poi chi non si rassegna a una riconferma dell’uscente Sergio Mattarella. In ‘seconda fila’, l’attuale presidente del Senato e l’ex presidente della Camera: Maria Elisabetta Alberti Casellati, e Pier Ferdinando Casini. Per ora sono tutte ‘bandierine’ che qualcuno sistema nella scacchiera e subito dopo qualcun altro si ingegna a escludere. Non resta che sperare in un cosiddetto ‘Papa straniero‘. Chissà che anche nell’aula delle sedute di Montecitorio ideata da Ernesto Basile e Giovanni Beltrami non volteggi quello Spirito Santo che si dice ispiri i cardinali nel Conclave. Sicuri di nulla, concediamoci questa esile, tenue, speranza.
Valter Vecellio – L’Indro