Al di là delle sciocchezze dei vari galletti della nostra politica, di problemi seri di cui occuparsi ve ne sarebbero non pochi. Immaginare di non curarsene, potrebbe costarci caro, molto caro, se non a noi oggi, ai nostri figli domani
Mentre noi ci balocchiamo a discutere della squadra di calcio che fa pasticci, o meglio non fa nulla, e dello svarione del superpagato portiere in gita turistica mentre gli irlandesi erano davanti alla porta desolatamente vuota (e anche qui ci sarebbe da chiedersi, ma come, a che gioco giocano ‘sti irlandesi?) oppure anche a scarnificare e cercare di interpretare i profondi significati delle 13 domande di Giuseppe Conte a Matteo Renzi, il mondo va avanti.
Non c’è motivo di dedicare attenzione allo scontro stellini-italoviventi salvo per dire due cosette che mi sembrano divertenti.
Renzi, da quel fine scassinatore di colloqui che è, ha subito trovato il modo di metterci del veleno, parlando di una sua risposta a Conte, modo per alludere, sottilmente ma non poi tanto, al fatto che forse quelle domande non sono gradite a Di Maio, con tutte le conseguenze che una interpretazione del genere potrebbe avere, del resto che tra Giuseppi e Giggino non corra buon sangue lo sappiamo bene. L’altra domanda che mi frulla in testa è come mai non si rendano conto gli stellini, Conte in testa, che proprio 13 dovevano essere le domande? Vero, c’è chi pensa che 13 porti bene, ma altri che porti male, ma, dico, non si potevano contentare delle 10 famose di ‘Repubblica‘? Mah, misteri della politica italiana. Qualcuno di voi dirà che le domande erano tante perché non si potevano ridurre o che so io; io no, perché non le ho lette e non intendo perdere tempo a farlo. Si divertano entrambi a giocare al piccolo politico, tanto lo scontro tonante non si verificherà.
Ma, come dicevo, il mondo (che screanzato!) va avanti anche senza Conte e Renzi. E va avanti con due episodi non trascurabili, ma sul cui significato io sarei molto, ma molto cauto. Mi riferisco innanzitutto all’incontro Joe Biden – Xi Jinping (e non Ping, Giggino!) di apparente distensione. Sapere se veramente sia così è impossibile, ma logica vuole che lo sia.
Nel classico modo di essere della politica internazionale, i due hanno fatto la loro mossa. Biden ha venduto sommergibili agli australiani in chiara funzione anti-cinese. Funzione militare, minaccia militare: dalla politica della parola, del negoziato, Biden ha subito messo in chiaro come la pensa e ha armato al massimo l’Australia, dopo di che ha cominciato a ‘circolare‘ nello stretto di Taiwan e via dicendo.
Xi ha risposto con calma, dopo un po’, un bel po’. Ha fatto la riunione del partito in vista del Congresso, si è assicurato di essere il padrone politico della Cina, e ha ‘mosso’: ha mostrato il suo aereo da caccia invisibile … sembra una boutade, ma è letteralmente così. E ha ribadito direttamente e indirettamente che Taiwan è roba sua, cioè è roba cinese.
La Russia, l’altro elemento, ha distrutto un proprio satellite artificiale, provocando la caduta di pezzi vari in testa al mondo. La cosa in sé è certo uno sgarbo per chi riceve in testa quella roba, benché minuscola, ma la cosa potrebbe addirittura essere vista come una ‘cortesia’, se si ricorda che parecchi anni fa un satellite artificiale di nome Cosmos 954 cadde davvero, tutto intero, e in testa ai canadesi. La cortesia sarebbe dire “guardate, stavolta lo abbiamo polverizzato prima che vi cada in testa”. Ma ovviamente la cosa ha anche un altro significato: la Russia spiega che è in grado di distruggere un satellite artificiale con un missile. Tradotto, significa: badate che i vostri satelliti spia e militari (quelli di Reagan per intenderci), li possiamo fare fuori in due secondi. E, per di più, muove i suoi soldati ai confini dell’Ucraina.
Vediamo un po’ di capire per quel poco che si può. Il missile lo leggerei come una mano data all’amico Xi, proprio mentre lui va a parlare con Biden. È un modo, insomma, per dire ci siamo anche noi e, se necessario, a fianco della Cina. E inoltre punta i piedi con l’UE, che continua nelle sue sciocche ‘sanzioni‘ ordinate dagli USA, che sono l’esatto contrario di ciò che si dovrebbe fare, dicendo di smetterla di farla lunga con l’Ucraina: l’Ucraina è il brodo di gestazione della Russia, non può diventare membro della NATO, e magari della UE. Se lo si capisse e lo si accettasse, molti problemi sarebbero evitati. Voglio dire, finché le cose stanno così, non è solo illusorio, è stupido pensare di poter cambiare le cose.
E non si può fingere di non vedere che mentre minaccia, la Russia promette di non tagliare il gas, anche se l’amico Lukaschenko minaccia di farlo lui. Anche qui, va letta bene la cosa. La Bielorussia sta diventando una pietra dello scandalo e volendo il gas lo può sempre interrompere. Vladimir Putin dice, cerco io di calmare Lukaschenko, e, se ve ne state buoni e tranquilli, vi garantisco che il gas arriva, sì che arriva. È questo il senso della sua mossa. Rispondergli, come ha fatto Charles Michel, urlando allo scandalo e aumentando le sanzioni, non è solo sbagliato, è idiota. Se si vuole trattare, e il nostro interesse è trattare, le sanzioni sono il modo migliore per impedire la trattativa, così come le navi militari in navigazione nel Mar Nero.
Tanto più che con la Cina si dovrà ragionare.
L’incontro Biden-Xi è un fatto molto positivo, chiunque dei due lo abbia proposto, e fa seguito all’accordo raggiunto a Glasgow, su qualche collaborazione nel ridurre i gas serra. Biden, va senza dire, avrebbe dovuto almeno avvertire l’Europa e chiedere la sua partecipazione, ma non lo ha fatto. Bene, Biden ribadisce che dell’Europa pensa di poter fare a meno, al di là delle dichiarazioni di amore sperticato. E, lo ripeto, a noi europei conviene, converrebbe prenderne atto e cominciare finalmente a fare una politica autonoma.
Tenendo anche conto che la Cina è sempre più forte e ha (ma forse sbaglio) ‘usato’ l’India per mettere i bastoni fra le ruote all’accordo finale di Glasgow, mentre cinesi e statunitensi parlavano e si accordavano sia pure in modo generico: un ‘classico’ della politica. Ma la forza della Cina si sta indirizzando verso un tema delicatissimo: Taiwan.
Taiwan è una di quelle costruzioni un po’ assurde messe in mezzo a suo tempo per mantenere una spina nel fianco della Cina di Mao Zedong. Gli USA (e, al solito, i pecoroni europei) vogliono tenerla lì, con i fucili puntati contro la Cina, che, invece, studia un progetto gigantesco: un collegamento in tunnel sottomarino tra la terraferma cinese e Taiwan, che, economicamente parlando, sarebbe un boom, politicamente il tunnel sarebbe una sorta di catena!
A stretto rigore, Taiwan è e resta parte della Cina, dato che la sua indipendenza, favorita e garantita dagli USA in funzione anti-cinese, è solo il risultato di una secessione provocata da Chiang kai-shek quando Mao ottenne il controllo della Cina continentale e gli USA si rifiutarono per quasi venti anni di riconoscerla. Ragione per la quale, la pretesa cinese è legittima. Ciò che, però, nel tempo è cambiato, è la ‘cultura‘, e specialmente la coscienza politica di Taiwan, tanto che è possibile affermare che Taiwan è anche umanamente diversa dalla Cina continentale, e che la sua popolazione si sente e si comporta come cosa ‘altra‘ rispetto alla Cina. In altre parole, il principio dell’autodeterminazione, oggi, probabilmente, potrebbe essere rivendicato dagli abitanti di Taiwan, il che metterà i due Paesi di fronte ad un confronto che difficilmente potrà essere risolto con la trattativa. A meno che una trattativa non cominci ora, sulla base della volontà di costruire una situazione in qualche modo simile a quella del nostro Alto Adige. Il fatto è che l’esperienza di Hong-Kong sta a dimostrare quanto meno che i tempi non sono maturi per soluzioni creative e ambiziose.
Insomma, per concludere, al di là delle sciocchezze dei vari galletti della nostra politica, di problemi seri di cui occuparsi ve ne sarebbero, e non pochi. Immaginare di non curarsene, potrebbe costarci caro, molto caro, se non a noi oggi, ai nostri figli domani.
Giancarlo Guarino – L’Indro