Oneri e Onori del PNRR sulle spalle di Draghi. I partiti non sembrano consapevoli di quello che ci attende
Sembra facile. Per una volta, disinteressiamoci del noioso e inconcludente ‘dibattito’ tra i vari attori e comparse del teatro politico italiano. Andiamo al cuore del problema. Com’è noto (come dovrebbe esserlo, almeno), l’Unione Europea a metà estate ha erogato una prima tranche dei 220 miliardi di euro con i quali si dovrebbe dare impulso al ‘sistema‘ Italia; una tranche di 48 miliardi, un anticipo se così si può dire, da condividere con gli altri Paesi membri. Ma oltre la metà sono stati concessi all’Italia. Come gestire tutto questo denaro? Gran parlare, tra i leader dei partiti e dei movimenti, di reddito di cittadinanza, di ‘quota 100’. E il resto? «Un’idea, un concetto, un’idea finché resta un’idea è soltanto un’astrazione», canta Giorgio Gaber. E magari, ci fosse un’idea/astrazione. Neppure quella…
Per fortuna a palazzo Chigi c’è Mario Draghi. Per fortuna è sulle sue spalle che grava questa pesante responsabilità. Il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza ‘copre’ cinque anni: fino al 2026. Sempre che la legislatura vada in porto fino a naturale scadenza, il governo che prenderà il posto dell’attuale, ne dovrà comunque ricalcare le orme. Secondo gli accordi sottoscritti, basta che uno dei 500 impegni assunti non venga rispettato, e su richiesta di uno dei qualsiasi Paesi dell’UE sollevi obiezione, e l’erogazione dei fondi viene sospesa. Potrebbe perfino essere interrotta definitivamente. Chi si candida per palazzo Chigi dovrebbe saperlo, e sapere che i binari (stretti) del suo percorso, già tracciati. Al momento ben pochi leader sembrano essere consapevoli di tutto ciò.
Entro la fine dell’anno il Parlamento deve approvare almeno 24 importanti riforme, se vuole prestar fede agli impegni assunti in sede comunitaria. Tra queste riforme quella sul processo penale e quello civile. Ci vorrà tutta la pazienza, la determinazione, la capacità di persuasione e di astuzia di cui Draghi è dotato.
Altre riforme che urgono sono quelle sugli appalti pubblici, la revisione della spesa pubblica, aspetti non irrilevanti sul fronte dell’evasione fiscale. Non sono riforme che riguardano direttamente il PNRR, ma con la Commissione sono stati assunti precisi impegni: bazzecole come la riforma fiscale e la concorrenza. Quesiti tali da stroncare una mandria di tori Vistahermosa.
Giorno dopo giorno, anche se la cosa sembra sfuggire ai più, la realizzazione del PNRR, onori e soprattutto oneri, sarà il baricentro dell’attività del governo. L’attuale e il prossimo. Dovrà essere un sapiente, paziente e audace lavoro di bulino tra palazzo Chigi e presidenza della Repubblica. Molto più di ora. Da questo punto di vista, Giuseppe Conte o Enrico Letta, Giorgia Meloni o Matteo Salvini, per non dire degli altri ‘minori’, possono dire quello che vogliono; devono comunque fare quello che il cronoprogramma già fissato prevede. A meno che non ci sia qualche suicida che preferisca mettere a repentaglio i 200 miliardi ancora da ‘incassare’.
Al momento i partiti (o quello che ha preso il loro posto), eludono rigorosamente queste tematiche. Dovrebbero al contrario cominciare a dare qualche risposta che vada al di là della fumosa promessa generica, dall’auspicio evanescente. Ma hanno finora buon gioco: mezzi di comunicazione, televisioni come giornali, sembrano interessati più al pio-pio e al bla-bla di questo o quel leader politico su tematiche spesso suggestive, ma tutto sommato marginali, nel contesto in cui ci si trova a operare. Per fortuna ci sono Draghi e la sua squadra a occuparsene, con un tacito quanto laborioso ‘fare‘, e grazie a una innegabile e indiscussa autorità etica, nel Paese e nel mondo, unita a rara competenza e abilità nel saper cogliere e mettere a frutto le opportunità, man mano che si presentano.
Ma quanto durerà questa specie di luna di miele? E per andare sul pratico: per il bene comune, cos’è meglio augurarsi, un Draghi a palazzo Chigi fino alla fine della legislatura, o un Draghi al Quirinale? Certo, si fanno i conti senza l’oste, cioè il diretto interessato; ma l’augurio è che resti dov’è, il più a lungo possibile.
Valter Vecellio – L’Indro