I partiti in quanto tali non ‘attirano’ più, e lo sanno, di loro la gente non si fida più. Così fioriscono le liste civiche. E la preferisce la lista ‘dell’amico’, di chi può o potrebbe ‘fargli un favore’. Su questa situazione si innesta la nostra situazione politico-governativa di eccezione e al limite della incostituzionalità
Accennavo l’altro giorno al ‘vezzo‘ ormai dilagante della nostra ‘politica‘ di evitare i riferimenti ai partiti da parte dei vari esponenti di essi e di privilegiare non meglio identificate liste civiche, come nel caso di Enrico Letta, che ‘corre’ a Siena e Arezzo per un seggio al Parlamento, senza il simbolo del partito. Mentre il partito stesso sembra quasi vergognarsi di avere una base capace di pensare e infatti accenna al fatto che la base si riunisca talvolta in ‘circoli’ e non più sezioni, ma che la ricerca di una politica, anzi, di ‘cose da fare‘, si fa a caso, con il solito sito web (le Agorà) dove chi vuole può fare proposte per arricchire il canestro di idee e proposte della dirigenza del PD, mentre Fabrizio Barca organizza la ricerca di personale politico cercando un po’ a caso: ‘tu che ne dici di presentarti nella lista per il sindaco di Vattelapesca?‘. Ve lo ricordate chi sceglieva i candidabili in base alla loro telegenicità?
Come è vero che le cretinate fanno sempre strada e tendono ad imporsi! Il PD, evidentemente, vorrebbe diventare come gli stellini, dei quali si ostina a dire di volere essere alleato, e ne imita alcune delle strampaleria.
Ora, notate bene, è lo stesso Barca che racconta, serafico e sorridente, della sostanziale inutilità di tutto ciò perché la struttura della dirigenza del PD è inamovibile e immota. Avete capito bene? Uno si agita e si dà da fare per trovare persone presentabili e idee accettabili allo scopo di farle adottare al PD e di mutarne la dirigenza, ben sapendo che è inutile, tanto non cambia nulla perché quando le cose arrivano al Nazareno, si bloccano lì e si perdono … sarà la Serracchiani con swifter! E lo dice pure!
Ma allora a che scopo condurre questo lavoro di talent-scout, non è meglio operare perché questa ‘dirigenza‘ se ne vada e basta? E sorvolo sul fatto, quella dirigenza e quel partito dovrebbe essere la base logica di tutto ciò, e cioè sul fatto che nel mondo civile in genere sono proprio i partiti quelli che ‘pensano’ e cercano di realizzare una politica che abbia un fine, uno scopo: non solo il potere. E invece, a quanto pare, il PD e la sua ‘dirigenza’ ha rinunciato a ciò e non riesce ad uscire -ma nemmeno ci prova- dalla solita logica delle ‘alleanze’ e quindi del compromesso, della trattativa: della inesistenza, insomma, di un progetto. Per cui, alla fine, Letta, il segretario del Partito, si candida … senza il simbolo del partito! Mah.
Certo è a dir poco strano: immaginate se Armin Laschet, l’aspirante cancelliere tedesco, dopo essersi sbellicato dalle risate per i morti dell’alluvione, dicesse di punto in bianco che si candida senza il simbolo del suo partito, ma per di più, come fa il ‘dotto Letta’, con una cosa misteriosa, ma molto in voga, che ora si denomina ‘lista civica’.
È evidente che io sono un ignorante, che nulla capisce e nulla comprende delle raffinatezze della nostra politica, ma io non ho mai capito cosa sia mai una ‘lista civica‘. Pensate che, solo per parlare di Napoli, le liste civiche associate al candidato del PD (con simbolo, stranamente) sono 13, per lo più caratterizzate individualmente, cioè per il ‘capo’ della lista. Tutti per generosità e amore irrefrenabile per Napoli, Gaetano Manfredi in testa?
Su, coraggio, diciamoci la verità: si capisce una cosa con chiarezza, quelle liste non sono portatrici di una idea o ideologia che dir si voglia. E dunque che ci fanno lì? Due cose, a mio parere. Certamente ‘aiutano‘ l’elezione del ‘capintesta‘ moltiplicando a dismisura il numero dei candidati, cosa che, a parte il narcisismo dei candidati stessi, si suppone che procuri qualche voto, secondo la logica ‘almeno la mamma lo vota quello, no?’. A questo stiamo, a mendicare i voti uno ad uno?
Pensate, davvero, pensate: perfino a me ha telefonato uno, non ne ricordo neanche il nome, giuro, ma molto sbrigativo: “pensa l’onorevole” non so cosa, “che il suo nome nella lista non può mancare”. Quando si dice un programma politico pesante ed intrigante! Tranquilli: siccome sono una persona cortese, mi sono limitato a rifiutare dolcemente, ma le parole che mi erano venute sulla punta delle labbra non erano dolci affatto!
Ma l’altro motivo evidente della moltiplicazione delle liste è chiaramente quello del ‘sottogoverno‘ in senso lato. Se 13 liste (che poi è una scelta sbagliata a Napoli … ma forse non andranno a pranzo insieme) sostengono il candidato sindaco del PD, almeno una cosa a testa la si dovrà dare no? a parte, magari, un posto in Consiglio comunale.
E dunque, si tratta di una cosa molto, troppo, pericolosamente vicina al qualunquismo puro e semplice (tipo stellini e leghisti salviniani) e per lo più legata (e lo dico nella migliori delle ipotesi) alla persona singola, di cui i votanti divengono, si sentono o sono interpretati, magari solo per amicizia o parentela, come lo erano a Roma i cosiddetti ‘clientes‘ … da cui viene la nostra dizione di ‘politica clientelare’.
Nulla cioè di buono e di bello. Ma specialmente nulla di legato ad un progetto politico, ad un futuro. E quindi qualcosa della quale si sa per certo una sola cosa, che quelle persone possono decidere, all’occasione, qualunque cosa, visto che una bussola non ce l’hanno. Per cui, per farli decidere come ci piace, si tratta di tirarli da qua o da là!
Ma ciò -e secondo me questo è il punto centrale- mette in luce, anzi, illumina in maniera violenta, un’altra cosa: non solo che i partiti più o meno tradizionali non dispongono di uomini adatti allo scopo, cioè di personalità di riconosciuto, o almeno riconoscibile valore, ma che anche quando i partiti cercano di presentarsi in prima persona, fanno di tutto per associarsi a strane e sconosciute liste civiche. Cioè, appunto, ad una clientela, che sa di non potere verosimilmente essere eletta, ma che sa anche che, ad elezioni fatte, conterà qualcosa, e per lo più molto dal punto di vista clientelare, insomma del sottogoverno. E qui, a mio parere, il discorso diventa tutto sociale prima e più che politico.
I partiti in quanto tali non ‘attirano‘ più. Anche, anzi, principalmente, perché hanno mostrato nel tempo di essere incapaci e specialmente falsi, ipocriti, mentitori. Molta gente è, magari, di sinistra o di destra, ma non si fida che gli eventuali eletti faranno realmente una politica corrispondente, ma specialmente coerente. A questo punto è abbastanza comprensibile che gli elettori (sempre di meno a quanto pare) preferiscano la lista ‘dell’amico‘, di quello che conoscono direttamente: insomma la lista di chi può o potrebbe ‘fargli un favore‘.
Queste liste, in sostanza, sostituiscono la pratica dei voti ai candidati che la legge elettorale ha escluso da tempo col referendum che ha cancellato le preferenze. Che erano, beninteso, uno strumento di clientelismo, ma che, almeno in teoria, potevano fare capo ad una entità riconoscibile per una sua ‘linea‘, che ora manca o, al massimo, è una persona conosciuta come affidabile: è il caso di Antonio Bassolino a Napoli, l’unico del quale si sa (più o meno, sia chiaro) come la pensa. O anche di Carlo Calenda a Roma. Non è un caso che quei due, benché giudicati generalmente sconfitti, siano però seriamente in lizza e guardati con timore dai candidati più ‘quotati’.
C’è poi un altro motivo, secondo me. I partiti non hanno idee, né coerenza e quindi non sanno come e cosa proporre: i loro rappresentanti o dirigenti non hanno una visione, come si dice, del futuro, non hanno un progetto e per lo più sono visivamente impresentabili, autoreferenziali, pieni di sé, arroganti, e spesso volgari.
Pensiamo per un momento alla ‘passionaria’ PD degli omosessuali eccetera. Sempre in primo piano a strillare le proprie ‘idee’, scarmigliata, vociante. Della quale si scopre (nulla di male) che possiede una grossa proprietà, guada un po’, in quel di Capalbio, ricca in particolare di cucce per cani appoggiate su mucchi di cartamoneta. Fin qui, badate che non scherzo, nulla di male e l’incidente dei soldi trovati sotto il cane non vuol dire gran che. Ma molto vuol dire la sua ‘sfuriata’ durante una intervista, quando con parole rozze si ‘lamentava’ di essere stata lasciata in tronco dalla «cameriera» per cui, ecco il punto, soavemente dice: «Ero già nei pasticci di mio, nelle ultime settimane. Nei pochi giorni di ferie, cinque per la precisione, sto facendo la lavandaia, l’ortolana, la cuoca. Tutto questo perché la nostra cameriera, strapagata e messa in regola con tutti i contributi Inps, ci ha lasciati da un momento all’altro. Volete sapere il motivo? Mi ha telefonato un pomeriggio e mi ha detto, di punto in bianco: “Me ne vado perché mi annoio a stare da sola col cane”». Premesso che quel ‘di punto in bianco’ è sublime per la sua volgarità, direte, come scrivono i giornali, ‘parole inadatte ad una di sinistra’ o roba simile. No, io dico, parole inadatte ad un essere umano. Quando poi la medesima si scusa, beh peggio ancora: «Mi scuso quindi per le parole errate usate in questo momento difficile per dire che senza l’aiuto prezioso di una nostra collaboratrice ho avuto difficoltà. La nostra azienda si avvale dell’ottimo lavoro di tanti senza i quali tutto si complica»: ‘parole errate’, ‘momento difficile’ e poi quell’untuoso riferimento ai ‘collaboratori preziosi’ dell’azienda.
Ecco, basta questo a squalificare un partito e la sua ‘politica’. Ma non è accaduto e non accadrà nulla … aumenteranno le liste civiche, magari!
Resta il livello bassissimo dell’intero ‘parco politici‘, che perciò definisco sempre e senza esitazione politicanti, in senso, sissignore, spregiativo. Ma chi sono io per apprezzare o disprezzare? Su questa situazione si innesta la nostra situazione politico-governativa, definita, non del tutto ingiustamente, di eccezione e al limite della incostituzionalità.
Sulla incostituzionalità ho già detto che non credo affatto. Sul rischio, sia pure astratto, che questa situazione porti all’anarchia, sarei un pazzo se lo negassi. È evidente, così come era evidente che la ‘riforma’ renziana era esattamente mirata a ciò.
È evidente, insomma, che un cittadino si trova di fronte a questo dilemma: indicare col suo voto un politicante, che però potrebbe favorire qualche suo interesse (non per nulla le destre mietono consensi … apparenti) oppure … , oppure nulla: Draghi non lo puoi votare, e, come Mario Monti insegna, se cercasse di farsi votare si schianterebbe, perché il ceto politico italiano ormai è quello che è e lo distruggerebbe -è l’unica cosa che sa fare.
Non è colpa di Draghi (sorvolo su Sergio Mattarella, del quale ci sarebbe molto da dire) se non ci sono alternative a Draghi, e meno che mai c’è un Draghi di sinistra! Lo sfascio del nostro ceto di politicanti da strapazzo, corrotti se non nel portafogli certamente nelle ‘idee’ (la cosa migliore che sanno fare è dire ‘passaporto sì’, ‘passaporto no’, ‘passaporto ni’), e del tutto privi di senso di responsabilità, benché violenti e aggressivi, oltre che volgari e incompetenti, porta alla situazione odierna. Certamente di ‘sbrego‘ della logica costituzionale, per il semplice ma decisivo fatto, che il ceto politico previsto dalla Costituzione, che dovrebbe essere alternativo a Draghi, puramente e semplicemente non c’è.
Diciamoci onestamente la verità: chi, veramente, si sentirebbe di ‘votare’ come capo del Governo Meloni, Salvini, Renzi, Letta … Berlusconi? Voglio dire chi, se fosse l’unico a dover decidere come in quel famoso bellissimo racconto di Asimov, si sentirebbe di indicare uno di quelli o anche uno dei molti altri intorno a loro? Certo, è una situazione tremenda e, dal mio e non solo punto di vista, di rischio estremo. Attenzione, la situazione oggi non è quella che portò, con un colpo di mano politico, Monti alla Presidenza del Consiglio, Ma, posto che certamente non è ‘voluta’ da Draghi e Mattarella, l’alternativa, oggi così come è oggi, qual è? Vi rendete conto che oggi è al Ministero degli Esteri quello che voleva processare Mattarella per alto tradimento e denunciava le ‘marchette’ a Macron, tre anni non tre secoli fa? E che allo Sviluppo economico c’è il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio del Governo più a destra, e più fallimentare, mai avuto in Italia, mentre quel Presidente del Consiglio, ‘dirige’ oggi il partito più astruso della nostra storia?
Forse solo, lo sto ripetendo da sei mesi, se quel progetto (osperanza?) che attribuiscono a Draghi andasse davvero in porto, allora forse, fra tre anni, uno spiraglio di luce si potrebbe intravedere.
Giancarlo Guarino – L’Indro