In qualunque modo si possa giudicare Fidel Castro, nessuno potrà affermare che non sia stato uno delle maggiori personalità della seconda metà del XX secolo. Al contrario di molti rivoluzionari, è morto nel suo letto. Che differenza con suo compagno d’avventura, il “guerrillero heroico” Ernesto Che Guevara, figlio della borghesia argentina, che morì ucciso nelle foreste della Bolivia!
Castro è stato, comunque la si pensi, un grande. Riuscì in una impresa disperata, per via degli interessi statunitensi a Cuba, ad affermare una rivoluzione marxista nell’isola caraibica. Ma non fu il classico rivoluzionario che poi non sarebbe riuscito a sopravvivere alla sua stessa rivoluzione. Egli riuscì a trasformare il movimento rivoluzionario in uno stato. E in questa fase perse molti dei suoi primi compagni, come appunto il Che Guevara, che ambivano a costruire una rivoluzione permanente a danno di un apparato statale che desse continuità e successo nel tempo alla rivoluzione, che doveva difendersi da tutta una serie di bellicosi nemici, interni ed esterni, che tramavano e combattevano per abbattere quella rivoluzione.
In questo è da vedersi la sua duttilità e il suo pragmatismo politico. Egli passò con estrema facilità dalla guerriglia alla scrivania di governante, se
pre cercando di restare fedele alla sua visione cubana del marxismo. In questo non si deve sottacere la scia di morte, dolore, sofferenza per parte del popolo cubano. Non si deve dimenticare che lo stato di guerra permanente, imposto da Castro al suo popolo, anche per cause di politica internazionale, ha fatto si che il suo regime sia stato spesso un governo, non solo dittatoriale, ma anche una vera e propria tirannia del terrore. Costrinse parte del suo popolo a fuggire verso la Florida e a cospirare costantemente contro la sua vita. Negò le libertà e, tra queste, soprattutto la libertà religiosa, base per tutte le altre libertà.
Ma improvvisamente, grazie al suo pragmatismo, iniziò, con l’aiuto di una nuova situazione politica internazionale, impressa dall’azione di papa Giovanni Paolo II, una cauta apertura verso un clima politico interno improntato a maggiore tolleranza. Fidel era l’immagine della rivoluzione marxista a Cuba, mentre Raul, figura più defilata, rappresenta il pragmatismo di una Cuba che entra sulla scena politica internazionale del XXI secolo creando varchi economici e, di conseguenza, anche politici verso una società moderna e aperta, prima verso il capitale e, successivamente, verso la politica. Ormai a Cuba la fame è quasi sconfitta e dopo aver saziato il corpo, le menti iniziano a sognare e a reclamare la libertà.
Cosa resterà di Castro, oltre al dolore per le vittime del suo regime? Innanzi tutto la lotta quasi vinta contro la fame che attanagliava la stragrande maggioranza dei cubani; la lotta, anche questa vinta, per alfabetizare l’isola, rendendola uno degli stati con maggior diffusione dell’istruzione, non solo di base, ma soprattutto universitaria; infine la diffusione della sanità pubblica a ogni cubano.
Pertanto, bisogna ricordarne il grande coraggio nell’affrontare la lotta titanica contro i suoi nemici, in primis gli USA. Infatti, chi avrebbe mai scommesso che la piccola cuba castrista avrebbe retto, militarmente e politicamente, il confronto con gli USA? Lui ci riuscì!
Fu un nemico della democrazia e un fautore di quella che Marx definì come la dittatura del proletariato, ovvero la scorciatoia verso il socialismo, ma fu anche colui che ha scelto il suo successore e che ne ha appoggiato sempre le aperture verso una nuova società cubana. Castro, nel bene e nel male, è stato uno dei grandi uomini del secolo scorso. E coloro che lo hanno combattuto devono avere la capacità e il distacco necessario per riconoscerne sia gli errori gravissimi, ma anche i meriti, che pur ci sono.
“Parce sepulto”!
Domenico Ricciotti