La Germania ha vinto costringendo gli Usa a rinunciare alle sanzioni sul gasdotto E si è garantita il raddoppio delle forniture energetiche russe. Gli Usa che pretendevano di vendere in Europa il gas prodotto grazie alle tecniche di fratturazione idraulica si ritirano in buon ordine
Anche per evitare che la Germania, e l’Europa, preferiscano i commerci con la Cina alle intese con gli Usa.
Alla fine Joe Biden si è arreso. E Angela Merkel ha potuto cantar vittoria. Il Nord Stream 2, vero nodo del contendere sull’asse Berlino-Washington, si farà. E le tanto minacciate sanzioni americani verranno definitivamente archiviate.
Come, peraltro, le rimostranze di Ucraina e Polonia tagliate fuori dal passaggio del gas russo grazie ad una conduttura di 1230 chilometri interamente posata sul fondo del Baltico. Il gasdotto, il cui costo supera i 10 miliardi di euro, dovrebbe entrare in funzione già a fine anno. La sua inaugurazione cancellerà definitivamente lo spettro delle crisi del 2007 e del 2008, quando i mancati pagamenti per oltre un miliardo e mezzo di dollari accumulati da Kiev spinsero Mosca a ridurre le forniture.
Una misura che inevitabilmente si riverberò sul resto dell’Europa. Il gasdotto costruito durante l’era sovietica sovietica seguendo l’asse ucraino soddisfava, infatti, anche l’80 per cento delle forniture europee. Il passo indietro di Biden, pronto fino allo scorso marzo a minacciare durissime sanzioni contro tutte le ditte coinvolte nella costruzione del Nord Stream 2, lascia l’amaro in bocca a Kiev convinta che Washington avrebbe difeso le sue prerogative e costretto alla resa la Germania di Angela Merkel.
La verità è risultata ben diversa. Anche perché la difesa degli interessi dell’Ucraina non è mai stata tra le priorità di una Cancelliera convinta di dover, innanzitutto, riconquistare il sostegno del mondo industriale tedesco garantendogli energia a buon mercato e facilitarne la ripartenza all’indomani della pandemia . Un sostegno indispensabile per garantire la sopravvivenza della Csu in vista dell’uscita di scena della stessa Cancelliera e delle delle elezioni per il rinnovo del Bundestag nel prossimo settembre.
Ma la solidarietà all’Ucraina e agli altri paesi dell’est affetti da congenita russofobia non rientrava neppure nelle priorità dell’amministrazione Biden. Bloccare a colpi di sanzioni un’opera ormai completata per oltre il 90 per cento sarebbe stata un’impresa disperata anche per gli Stati Uniti. Anche perché avrebbe reso ancor più complessi quei rapporti con la Germania e l’Europa che il successore di Trump ha più volte promesso di voler rammendare. Senza dimenticare che dietro il paravento politico e strategico si nascondevano mire commerciabili un po’ meno nobili della difesa dell’autonomia energetica dell’Europa. Come aveva fatto intendere la più cinica, ma più esplicita, amministrazione Trump Washington puntava a togliere di mezzo il gas russo per far posto a quello prodotto in sovrabbondanza dalle compagnie petrolifere statunitensi grazie alle nuove tecniche di fratturazione idraulica.
Ma il presunto “gas della libertà”, come lo battezzò l’amministrazione Trump in contrapposizione a quello russo, ha due grossi problemi. Oltre ad essere di qualità decisamente inferiore risulta – visti i costi di trasporto via nave – almeno il 30 per cento più caro di quello russo. Può quindi soddisfare paesi ideologicamente prevenuti nei confronti di Mosca come Polonia ed Ucraina, pronti a pagare un sovrapprezzo pur di non acquistarne i prodotti, ma non certo paesi come Germania, Italia o Francia costretti a esercitare un severo controllo sui costi energetici per garantire la competitività dei propri prodotti.
E a rendere ancor più problematica la vendita di un prodotto più caro di quello russo si aggiunge la questione ambientale. Un tema assai caro ad un Biden che oltre ad aver garantito il ritorno agli Accordi di Parigi ha promosso misure in grado di dimezzare, entro il 2030, le emissioni responsabili dell’effetto serra e di azzerarle entro il 2050. Ma l’estrazione di gas e petrolio con la fratturazione idraulica è associata a costanti fughe di metano capaci di creare un effetto serra 80 volte più intenso di quello causato dall’anidride carbonica. Un impatto ambientale devastante che spinge molti paesi europei a vietare la fratturazione idraulica rendendoli assai refrattari ad acquistare un gas considerato “non-sostenibile”.
Al di là dell’eco-sostenibilità e di un prezzo commercialmente improponibile l’imposizione del cosiddetto “gas della libertà” attraverso il blocco del Nord Stream 2 rischia di generare contraccolpi assai pericolosi sugli scenari geopolitici.In risposta alle sanzioni sul “Nord Stream 2” Berlino minacciava d’ ignorare la richiesta di collaborazione con gli Stati Uniti su quel fronte cinese dove Biden ha un disperato bisogno degli alleati europei. Un fronte che la Germania aveva già minacciato di disertare a fine dicembre quando, in vista del giuramento di Biden, aveva annunciato assieme alla Francia un’intesa di principio sul “Trattato per gli investimenti” con la Cina. Un trattato che avrebbe moltiplicato i rapporti commerciali tra l’Europa e Pechino compromettendo la politica di scontro frontale avviata da Trump e proseguita dall’Amministrazione Biden.
Ma l’intesa, congelata su richiesta dell’amministrazione Biden, resta la vera spada di Damocle sospesa tra Washington e Berlino. Una spada che ha spinto la presidenza Usa a ingoiare il boccone assai amaro del Nord Stream 2.
Gian Micalessin