Quello di Draghi sarà un esecutivo figlio diretto del Presidente della Repubblica. Mattarella ha preso atto che le forze politiche rappresentate in Parlamento non sono state capace di cavare un ragno da un buco
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella non è un gran parlare. I suoi interventi, più che ascoltati, vanno letti (e nel caso riletti). Ogni parola è ‘pesata’ attentamente. Le delegazioni dei vari partiti che vanno in udienza dal Presidente del Consiglio incaricato Mario Draghi, bene farebbero, prima di presentarsi, di rileggerli e postillarli con cura; e prima, e dopo essere stati ricevuti, mostrare un minimo di educazione: significa rispettosamente tacere e non abbandonarsi a elucubrazioni senza costrutto, a unico beneficio di noiosissime cronache e servizi parlamentari cavallo tra l’insulto e il monotono.
Lo spettacolo offerto è avvilente. Quello di Draghi sarà un esecutivo figlio diretto del Presidente della Repubblica.
Mattarella ha preso atto che le forze politiche rappresentate in Parlamento non sono state capace di cavare un ragno da un buco. Non è il fallimento della politica, ma di questa classe politica. Senza forzare le prerogative che gli affida la Costituzione, e mantenendo la sua funzione di garante, ha scelto Draghi individuandolo come la persona più adatta per prestigio e levatura, autorevolezza e respiro internazionale a scavare dal fuoco le castagne. Mattarella ha letteralmente sillaabato emergenze e tabella di marcia. Ha anche individuato un metodo: governo sostenuto da un arco di forze più ampio delle precedenti coalizioni. Un governo, se così si può dire, di ‘salute pubblica’. Ora tutti cercano di metterci sopra il cappello e tirare Draghi per la proverbiale giacchetta.
Gran ragionare per esempio, sul ‘governo tecnico’. Non esistono governi tecnici. Il compito di un governo (e quindi la sua ‘tecnica’) è fare scelte; si può perfino scegliere di non scegliere e ‘galleggiare’. Ogni ministro ‘governa’ nel suo ambito. Possono esserci ministri il cui ‘fare’ nell’ambito del governo è solo una parentesi, non costituisce la loro ragione di vita; che per un periodo più o meno lungo, sono distolti dalle loro abituali occupazioni. Ma nel momento in cui un governo si insedia e ottiene la fiducia del Parlamento, è pienamente, legittimamente, politico. Anche se il Presidente e l’intero esecutivo non hanno tessere di partito in tasca, e non sono militanti o dirigenti di alcuna organizzazione politica o sodalizio che sia, governano; quindi fanno politica.
Se riuscirà nel compito che gli viene affidato, il governo guidato da Mario Draghi sarà politico come gli esecutivi che l’hanno preceduto, e come quelli che verranno. Fin da subito Draghi dovrà assumere decisioni e farsi carico di responsabilità eminentemente politiche: quelle chiaramente indicate dal Presidente Mattarella, non da ieri, ma fin dall’incarico esplorativo affidato al presidente della Camera Roberto Fico. E’, in questo senso, un governo del Presidente della Repubblica. Può essere, come il Quirinale auspica, al di sopra dei partiti. Ma politico a tutti gli effetti.
Infine, la questione dei ‘poteri forti’. In queste ore gran ciarlare su chi sia Draghi: ‘figlio’ del Vaticano, della Germania, degli Stati Uniti, delle banche centrali; non si mancherà di scomodare il gruppo Bilderberg, il panfilo Britannia, o qualche altro sodalizio…
Il centro- destra si spappola tra chi, come la Lega e Forza Italia, vuole in qualche modo partecipare alla gestione del potere, e Fratelli d’Italia rivendica una ‘purezza’ infantile (al suo interno peraltro contestata). Il Movimento pentastellato è sull’orlo di una crisi di nervi; il centro-sinistra, nella fattispecie il Partito Democratico, e segnatamente il gruppo dirigente che fa capo a Nicola Zingaretti e al suo guru Goffredo Bettini, è in evidente preda di stato confusionale. Invece di prender atto della drammatica situazione, pretendono di dettare condizioni i nel più puro e vetusto rituale della politica politicante. Non hanno capito nulla, e non si rendono evidentemente conto di essere sull’orlo di un baratro. Pessimi maestri, pretendono ancora di dare lezione. Non si rendo o conto, non si vogliono rendere conto che la situazione che hanno contribuito a creare non è più sostenibile e che ci sono entità che non sono più disposte a tollerarlo.
C’è chi tira in ballo i poteri ‘forti’. Val la pena di chiarire un concetto non irrilevante: non esistono poteri che NON siano forti: il potere, in quanto tale, non può essere debole. Esistono poteri tecnicamente (e spesso non solo tecnicamente) ‘irresponsabili’, e poteri ‘responsabili’. Questi ultimi, i ‘responsabili’, nel concreto del loro agire possono essere massimamente ‘irresponsabili’, ma comunque rispondono a qualcuno del loro operato: ci sono controlli e controllori, siano essi elettori, magistrati, agenzie che hanno il compito di vistare e valutare atti e comportamenti. Ci sono poi poteri ‘irresponsabili’ tecnicamente, che nei fatti possono essere responsabilissimi, ma non rendono conto a nessuno del loro ‘fare’: sono le grandi concentrazioni economiche e finanziarie; loro sì, concretamente transnazionali e transpartitiche. Più opportuno dunque parlare di poteri ‘reali’ e di poteri ‘istituzionali’.
Chiarito ciò, si torni pure al bla-bla, al pio-pio, bau-bau e miao-miao in cui si dilettano e si esercitano, in TV e sui giornali, i tanti Cip e Ciop della politica politicante. Draghi, nel frattempo, opererà di concerto con il Presidente Mattarella; entrambi non perderanno di vista le cancellerie europee e il neopresidente statunitense Joe Biden. La partita, insomma, si giocherà in un pentagono: (Quirinale, palazzo Chigi), Berlino, Bruxelles, Parigi, Washington. Il resto, con rispetto, è fuffa.
di Valter Vecellio