Il 27 gennaio del 1945 l’Armata Rossa dell’Unione Sovietica entrava nel campo di sterminio tedesco di Auschwitz Birkenau in Polonia e svelava al mondo gli orrori del nazifascismo
La pandemia di Covid-19 non ha fermato le celebrazioni del Giorno della Memoria, la giornata internazionale del ricordo del genocidio degli ebrei e degli orrori del nazifascimo. Quest’anno è stata Rimini la capitale italiana delle iniziative per commemorare le vittime delle persecuzioni, dei rastrellamenti, della pulizia etnica e dei crimini contro l’umanità compiuti dalle truppe della Germania nazista di Adolf Hitler.
Al Quirinale si è tenuta una cerimonia alla presenza del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, con la partecipazione della Ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, la Presidente dell’Ucei (Unione delle Comunità Ebraiche Italiane), Noemi Di Segni e Sami Modiano, sopravvissuto all’Olocausto.
A sua volta l’Associazione Nazionale Partigiani Italiani (ANPI) ha promosso iniziative di ricordo e sensibilizzazione nelle scuole di tutta Italia.
La liberazione di Auschwitz
Durante la controffensiva sovietica in Polonia, che portò alla ritirata dell’esercito nazista e alla vittoria su Berlino il 9 maggio 1945, l’esercito dell’Armata Rossa guidata dal generale Georgy Konstantinovich Zhukov entrò nel campo di concentramento e sterminio e liberò i prigionieri. L’ingresso delle truppe sovietiche svelò per la prima volta al mondo gli orrori compiuti dalle forze nazifasciste, rivelando l’esistenza dei campi di morte in cui erano rinchiusi ebrei, rom, slavi, testimoni di Geova, comunisti e omosessuali, destinati ai lavori forzati o alla “liquidazione”.
Nei piani nazisti di supremazia razziale era infatti contemplata la soluzione finale, ovvero il genocidio del popolo ebraico.
Cittadini di tutta l’Europa, non solo ebrei, patirono nei lager costruiti fra Germania e Polonia e deportati da tutti gli stati occupati dall’esercito nazista. La più celebre testimonianza dell’orrore di Awschwitz in Italia è stata resa dallo scrittore Primo Levi, deportato e detenuto nel campo per diversi anni sino alla liberazione dell’esercito dell’URSS, nel suo celebre romanzo “Se Questo è un Uomo”.
Nei campi di sterminio morirono sei milioni di ebrei. I loro corpi finivano nelle fosse comuni oppure venivano bruciati nei forni crematori. Le vittime della II Guerra Mondiale furono complessivamente 52 milioni. A pagare il maggiore tributo di sangue furono i cittadini sovietici, che costituiscono circa la metà delle vittime totali, tra cui 8 milioni di soldati e 17 milioni di civili uccisi dai nazisti, dai loro alleati e dai collaborazionisti durante l’operazione Barbarossa.