Un evento abbastanza secondario, come i ballottaggi di domenica scorsa in alcuni comuni italiani, per altro nessuno così grande da assumere una importanza strategica, tuttavia ha determinato come un giro di boa nella politica italiana. In tutte le elezioni precedenti, talora in maniera più marcata talaltra meno, era emerso che il centro destra poteva contare su una robusta maggioranza elettorale, tanto che quotidianamente chiedeva al Presidente Mattarella, senza che ve ne fossero le condizioni costituzionali, lo scioglimento del Parlamento e le elezioni anticipate.
Domenica scorsa il risultato si è capovolto, registrando la perdita di dieci sindaci da parte del centro destra e la elezione di altrettanti del PD. Tutto questo è avvenuto per due ordini di fattori: alcuni errori imperdonabili del leader più forte della coalizione, Matteo Salvini, che ha trasformato gli appuntamenti elettorali in prove muscolari, finendo quindi col rafforzare il messaggio di chi chiedeva il consenso proprio per evitare il pericolo del salvinismo e paventando un pericoloso isolamento in Europa. Il secondo elemento è dipeso dalla saldatura di un’alleanza non più occasionale, ma divenuta strategica tra PD e M5S, conseguenza di un avanzato processo di regolamento dei conti all’interno del Movimento, dove la componete decisa a rendere stabile il rapporto col PD sembra vincente. Invece la parte minoritaria appare disarmata, in quanto l’unica reazione possibile sarebbe quella di far cadere il Governo, con il risultato per moltissimi parlamentari Cinque Stelle di andare a casa subito, anziché tra due anni, alla fine della legislatura.
Dopo il fallimentare, timido esperimento in Puglia, l’ipotesi di una coalizione centrista si è squagliata come neve al sole, tanto che Renzi, il più furbo, ha già virato verso un accordo col PD, offrendo in cambio la sospensione delle azioni parlamentari di disturbo al Governo. Di fatto anche la Bonino appare orientata ad un percorso analogo. Calenda, momentaneamente si è messo in sonno, perché si guarderà bene dal correre il rischio di sfidare uno sbarramento del cinque per cento, tenuto conto dei sondaggi, che lo collocano molto al di sotto di questa soglia. Sa tuttavia di poter essere il miglior candidato del centro sinistra quale sindaco di Roma ed attende l’eventuale gradimento da parte del PD per rientrare anche lui definitivamente nei ranghi.
Dopo le cocenti umiliazioni nell’azione del Governo Governo giallo rosso, in cui l’iniziativa politica è stata in mano ai Cinque Stelle, che hanno incassato reddito di cittadinanza, cancellazione dei vitalizi, provvedimenti restrittivi dei margini di libertà individuale del Ministro Bonafede, riduzione del numero dei parlamentari, oggi il partito democratico si accinge a lucrare sulla alleanza organica con un movimento Cinque Stelle ultradimezzato. Infatti è in grado di assumere il ruolo di componente maggiore della coalizione ed ha messo una seria ipoteca per la vittoria ai ballottaggi del prossimo anno in città importanti come Torino, Milano, Roma, Napoli e successivamente per conquistare la Presidenza della Repubblica e la vittoria alle successive elezioni politiche.
Bisogna dare atto al democristianone Franceschini, regista di tutta l’operazione, di aver saputo tenere a bada il fratello di Montalbano, convincendolo a subire tutte le provocazioni dei Cinque Stelle, in vista di un recupero, che inizierà piegando gli alleati ad accettare il MES e ad acconciarsi al ruolo di alleato iunior nella futura coalizione che verrà rinegoziata, alla luce di una nuova legge elettorale, apparentemente proporzionale, ma che, con uno sbarramento elevato, farà fuori le forze minori riottose, che non saranno disposte ad essere assorbite. Si tratterà quindi di un sistema in realtà maggioritario, che potrebbe vedere ribaltati i rapporti di forza registrati in tutte le competizioni di quest’ultimo anno.
La crescita del partito della Meloni e le posizioni antieuropeiste e sovraniste di Salvini, hanno prodotto un troppo marcato spostamento a destra della coalizione di centro destra, in considerazione anche della perdita di peso elettorale di Forza Italia. Un PD moderato ed ecumenico, dopo aver evitato il pericolo che riuscisse il tentativo renziano e calendiano di una terza forza centrista di stampo liberal-democratico, muove alla conquista degli elettori del ceto medio, grazie ai buoni rapporti con l’Europa, con la conseguente conquista di una importante quota del Recovery Found ed alle programmate politiche di maggiore attenzione verso i ceti produttivi.
Ovviamente non sarà facile, anche perché l’alleato grillino rappresenta pur sempre una mina vagante, ma le condizioni per un ritorno ad un sostanziale sistema elettorale maggioritario con buone condizioni per il centro sinistra di prevalere, ci sono tutte. Tuttavia, se il centro destra sarà capace di mettere in campo una efficace strategia alternativa, esistono ancora i margini per recuperare il terreno recentemente perduto, ma deve subito ripudiare le posizioni sovraniste ed antieuropee e lanciare un credibile programma di stampo liberale per riconquistare il consenso della borghesia, dei professionisti, del mondo produttivo. Senza accettare la rincorsa con la sinistra statalista a chi promette di più, bisognerebbe una volta per tutte dire basta alle regalie a pioggia, basta allo statalismo di ritorno a tutto campo, basta al continuo aumento della pressione fiscale, basta al clientelismo spicciolo arruolando nuovi eserciti di burocrati e dipendenti pubblici, ma proponendo finalmente lo snellimento dell’apparato elefantiaco della pubblica amministrazione ed abbattendo il muro dello sconfinato potere della burocrazia.
Salvini, nella sua ultima intervista al Corriere della Sera ha fatto qualche accenno, ma insufficiente. Cominci con l’abbandonare le posizioni lepeniste al Parlamento Europeo, cercando una collocazione adeguata per un partito credibilmente europeista, moderato, capace di assumere in Italia una forte iniziativa per riunire la componente centrista, riformatrice e produttiva del Paese in un nuovo rensemblement di stampo liberale, collegato alle grandi correnti politiche che si ispirano al federalismo europeo, in un contesto più ampio di recupero del ruolo Atlantico dell’Italia ed al contempo assumendo iniziative concrete per la ripresa del dialogo con gli Stati Uniti (chiunque vincerà le elezioni di quel grande Paese) e tagliando i pericolosi fili tessuti da Di Maio e dai Cinque Stelle, attraverso l’ambiguo è pericoloso accordo della via della seta, e prendendo altresì le distanze da un Papa che recentemente ha rifiutato di incontrare il Segretario di Stato americano per salvaguardare l’intesa con la Cina.