Quasi un quarto di secolo di corsa disperata verso un populismo con forti venature plebiscitarie ed autoritarie, ha sfigurato il volto della nostra democrazia parlamentare, allontanando sempre più il popolo sovrano da una nuova classe politica che non lo rappresentava. Una incalzante propaganda antipolitica ha fatto prevalere l’irrazionalità di una indomabile voglia distruttiva. Il Parlamento, definito come una sorta di ricettacolo di tutti i mali e dei vizi di una casta corrotta, è stato il primo bersaglio.
Inizialmente il processo di delegittimazione ha assunto il volto di leggi elettorali che, togliendo il voto di preferenza, definito come la causa della corruzione della politica, ha affidato il potere di nomina dei membri del Paramento esclusivamente alle gerarchie dei nuovi partiti, tutti in mano ad oligarchie spesso autoimposte ed inamovibili, attraverso una campagna ben orchestrata che sosteneva la necessità di leadership forti.
Dopo aver trasformato le Camere, da luogo di rappresentanza diretta della volontà popolare in una sorta di pallottoliere in mano ai padroni delle nuove forze politiche, il passaggio successivo era quello di definirne l’inutilità, prima riducendo il numero dei componenti e dopo, trasferendone definitivamente i poteri effettivi nelle mani delle oligarchie dei partiti, che, non solo esprimerebbero il Governo, ma si libererebbero del controllo parlamentare. Una via semplice e morbida per abolire la democrazia ed instaurare un sistema autoritario con la determinante collaborazione dei media asserviti, RAI compresa, anzi in primo luogo.
Il furore di un popolo facilmente istigato da campagne mediatiche martellanti contro la casta, aveva facilitato il compito di chi aveva tessuto l’ordito di affidare tutto il potere, non solo politico, ma anche economico, (rilanciando lo Stato imprenditore ed elemosiniere nei confronti delle fasce più deboli) ai rappresentanti dell’antipolitica, che appariva incontrastata e vincente, tanto che ad essa si era inginocchiato persino il PD, ultimo dei vecchi partiti ad essere sopravvissuto, attraverso diversi cambi di denominazione.
L’imprevisto sempre in agguato nei processi complessi come il cambiamento di sistema politico, è emerso in occasione della campagna referendaria, riuscendo a mobilitare per il NO la parte più avveduta dell’elettorato, indipendentemente dalle diverse culture di riferimento, facendosi strada e diffondendo un dubbio che in questi giorni sta divenendo molto contagioso. Non sappiamo se tutto questo basterà a fermare l’intento demolitore ed a portare alla sconfitta del SI, che partiva con la previsione di stravincere, ma sta cambiando progressivamente il sentimento diffuso degli italiani, che hanno avvertito il pericolo di perdere il privilegio della sovranità popolare.
Contestualmente infatti i settori più avveduti è più colti dell’opinione pubblica hanno cominciato ad abbandonare le posizioni di disimpegno astensionista o di sostegno al nichilismo populista, cominciando a sentire il bisogno di ridare voce alle culture politiche storiche, che erano state emarginate e spesso cancellate dal vento demolitore dell’antipolitica. Finalmente la parola liberale, che era stata usata a sproposito e di cui troppi si erano appropriati come se fosse una res nullius, ha recuperato il suo significato di preciso ancoraggio ad un pensiero antico e di grande spessore.
Il mondo liberale e dell’area genericamente centrale ha ricominciato a parlarsi e si vanno realizzando e sperimentando alleanze fra gruppi diversi che si ispirano a quella tradizione. Si tratta di primi e timidi tentativi, concretizzati al momento soltanto in Puglia ed in Campania, appunto tra il Partito Liberale e + Europa, grazie alla lungimiranza di una New Age Liberale e Riformista che vede impegnati i due partiti sotto una unica lista, più Campania in Europa, per le imminenti elezioni regionali, ma certamente il processo è destinato a proseguire, a rafforzarsi ed estendersi in campo nazionale, specialmente se il risultato delle liste campane e pugliesi, cui il PLI ha dato la propria adesione, otterrà un risultato positivo.
Quello che fino a poco tempo fa sembrava impossibile, comincia a concretizzarsi, a dimostrazione che in politica, che come la stessa vita umana è un fiume che scorre senza soluzione di continuità, tutto può cambiare rapidamente.
Quello che è avvenuto in peggio nell’ultimo quarto di secolo, potrà avvenire in senso positivo nel prossimo futuro. Ne siamo convinti perché nutriamo una grande fiducia nell’intelligenza degli uomini e nel loro desiderio di progresso, che imporrà un radicale rifiuto del populismo antipolitico ed autoritario, per restituire, come nei Paesi più civili del mondo, alle grandi culture politiche il primato e, fra esse, quella liberale si ritaglierà certamente il posto centrale che le compete.