Perchè votare No: questo è il referendum del Movimento 5 Stelle e al tempo stesso un referendum sul Movimento 5 Stelle che gioca la sua ultima partita puntando al taglio dei parlamentari.
“Chi semina vento raccoglie tempesta”, recita un conosciuto aforisma che calza perfettamente nel momento in cui si parla dei grillozzi, la combriccola di incompetenti, presuntuosi e traditori adepti del guru genovese che si ritrovano nel pieno di una drammatica crisi di identità – se mai l’hanno avuta una identità – e di consensi. Tutti, ma proprio tutti, i sacri ideali che avevano propagandato agli inizi della loro avventura politica – e che avevano conquistato purtroppo tanti elettori influenzati da quattro cialtroni senza arte nè parte – sono stati puntualmente traditi. Con paraculati del genere la prova di governo dei ministri grilluti non poteva essere che pessima, i consensi si sono di conseguenza dimezzati, il partito è diviso in bande e quasi una quarantina di parlamentari stellati hanno abbandonato cercando spazi altrove con la speranza di uno spiraglio che conceda loro una rielezione.
Ora questi voltagabbana dimostratisi decisamente peggiori rispetto ai tanto vituperati esponenti della Prima Repubblica tentano di giocare il tutto per tutto sperando di riemergere dal fango in cui sguazzano – a noi basterebbe che tornassero in quel anonimato da cui sono improvvisamente sbucati – per strappare un minimo di fiducia da parte di quell’elettorato che si era fatto un tempo incantare dalle loro pagliacciate: il taglio alla Casta, il taglio delle poltrone, il taglio dei mantenuti dalla politica.
Insomma, come se Giggino e il resto delle nullità a 5 stelle non facessero parte del palazzo, come stessero lì per beneficenza quando invece hanno dimostrato fino alla nausea quanto siano attaccati al potere, ai privilegi, ai benefici economici che ne derivano. Una infornata di camaleonti della peggior specie disposta a tutto pur di non mollare, capace di stringere alleanze anche con il peggior nemico pur di rimanere al potere. Questo è in realtà il dna del movimento creato dalla “ditta Grillo-Casaleggio”. E’ quindi comprensibile che la vittoria dei No segnerebbe la loro peggiore sconfitta. Anzi, forse segnerebbe la loro fine, la fine del cieco risentimento contro la politica con cui i grillini hanno a lungo prosperato facendo credere di essere un elemento di rottura con il passato, promettendo di aprire il palazzo come una scatoletta di tonno. E invece solo balle, balle arrivate da questi cazzari che meriterebbero adesso di essere presi a calci nel sedere.
Se la consultazione referendaria dovesse dunque risultare un siluro contro gli opportunisti, i funamboli degli intrighi che cambiano opinioni e idee a secondo le convenienze tale accozzaglia di volgari ipocriti non avrebbe allora più nessun alibi dietro cui nascondere le miserie, le menzogne, le contraddizioni già, tra l’altro, tristemente note agli italiani.
Così dovesse andare – ed è ciò che ci auguriamo puntando sulla vittoria dei NO – i grilluti ne uscirebbero a pezzi – e già sono sulla buona strada – e la crisi del principale partito di questa raffazzonata maggioranza capitanata dal più autorevole dei voltagabbana come Giuseppi non potrebbe che avere ripercussioni gravi sul malgoverno giallorosso già minato da lotte interne.
Tuttavia, e in politica tutto è possibile, potremmo anche ipotizzare che i grillozzi – sempre per amore della poltrona naturalmente – potrebbero mandare giù il rospo della sconfitta, fare finta che nulla sia successo e continuare a sparare le solite castronerie. Del resto sono collaudati a queste performance, hanno la faccia tosta, una faccia come il c..o. . Mentre il Pd starebbe come al solito a guardare. Pronto a piegarsi ai diktat dei giovinastri stellati da troppo tempo dimostra di aver perso la propria identità, il contatto con la base. L’incapacità di Zingaretti incarna perfettamente la mancanza di leadership. Leadership che gli elettori di sinistra, quelli però veri e non i radical chic che se la raccontano nei salotti snob, si attendevano.