La possiamo definire la giusta vendetta, quella di Luca Palamara che comprensibilmente non ci sta ad essere l’unico a finire nei guai e a pagare per il sistema delle note correnti all’interno della magistratura. E così decide di passare al contrattacco e impugna l’atto di espulsione dall’Anm. Del resto lo aveva promesso e ora passa alle vie di fatto annunciando che farà i nomi dei colleghi che hanno fatto parte del “sistema di cui solo io oggi sono ritenuto colpevole. Penso ci avrebbero dovuto pensare prima di far parte di quel collegio. Ho fatto parte di quel sistema, non l’ho inventato io”. Le parole di Palamara hanno quindi un effetto dirompente che inevitabilmente scatena una guerra dei giudici. Una guerra di cui ne vedremo delle belle. Anzi, delle brutte, purtroppo. E siamo solo all’inizio.
Ma veniamo ai fatti: Palamara ha commesso gravi e reiterate violazioni del codice etico: è per questo che l’Associazione nazionale magistrati ha decretato l’espulsione del pm romano indagato a Perugia per corruzione. Tuttavia diciamo al riguardo che è la prima volta che un provvedimento così drastico viene assunto nei confronti di un ex presidente dell’Anm.
“Chiedo scusa ai tanti colleghi che sono fuori dal sistema delle correnti, che inevitabilmente saranno rimasti scioccati dall’ondata di piena che rischia ingiustamente di travolgere quella magistratura operosa e aliena dalle ribalte mediatiche. Per loro sono disposto a dimettermi ma solo se ci sarà una presa di coscienza collettiva e se insieme a me si dimetteranno tutti coloro che fanno parte di questo sistema. Non farò il capro espiatorio di un sistema”. Questo è ciò che afferma in una memoria Luca Palamara.. “Non mi sottrarrò alle responsabilità politiche del mio operato per aver accettato ‘regole del gioco’ sempre più discutibili. Ma dev’essere chiaro che non ho mai agito da solo. Sarebbe troppo facile pensare questo”. Prosegue poi in quella memoria che avrebbe voluto presentare al Comitato direttivo centrale dell’Anm ma che non gli è stato consentito sostenendo che “ognuno aveva qualcosa da chiedere, anche chi oggi si strappa le vesti. Io mi assumo le mie responsabilità. Ma non posso assumermi quelle di tutti”, ammonisce subito dopo essere stato colpito dal provvedimento di espulsione dall’Anm che a suo tempo aveva presieduto.
Ma l’affondo di Palamara non finisce qui. Il magistrato chiama in causa anche alcuni probiviri del sindacato delle toghe e li accusa “di essere loro per primi i beneficiari del sistema di cui solo io oggi sono ritenuto colpevole. Penso ci avrebbero dovuto pensare prima di far parte di quel collegio”. Componenti del collegio dei probiviri “che oggi chiedono la mia espulsione, oppure a quelli che ricoprono ruoli di vertice all’interno del gruppo di Unicost, o addirittura ad alcuni di quelli che siedono nell’attuale Comitato direttivo centrale e che hanno rimosso il ricordo delle loro cene e dei loro incontri con i responsabili Giustizia dei partiti di riferimento”.
“Trovo fisiologico che chi ha determinate cariche rappresentative nella magistratura interloquisca con la politica. Ma trovo meno condivisibile che ci siano procuratori della Repubblica che vadano a cena con i politici”. La reazione agguerrita di Palamara è di fatto pesante e provocherà certamente delle ripercussioni gravi all’interno dell’organismo giudiziario. Contestualmente lo stesso non vuole certo nascondersi dietro a un dito e ammette: “So che devo rispondere dei miei comportamenti e di quello che è accaduto all’hotel Champagne. Ma, allo stesso tempo – è su questo punto insiste – non posso essere considerato solo io il responsabile di un sistema che ha fallito e che ha penalizzato coloro i quali non risultano iscritti alle correnti”. Perché, ripete l’ex pm, “Palamara non si è svegliato una mattina e ha inventato il sistema delle correnti. Ma ha agito e ha operato facendo accordi per trovare un equilibrio e gestire il potere interno alla magistratura”.
Prosegue poi affermando che “all’inizio ero animato da nobili ideali, poi sono rimasto invischiato da meccanismi infernali, il meccanismo delle chat”, aggiunge proprio all’esterno della Cassazione dove era in corso la riunione del Comitato direttivo centrale dell’Anm che ha decreto la sua espulsione. “Non tutto è stato sbagliato: nel corso di 4 anni sono state fatte mille nomine, sono stati nominati magistrati valorosi. Certo il sistema ha penalizzato chi delle correnti non ne faceva parte. A quei magistrati sento il dovere di chiedere scusa”, ha commentato l’ex presidente dell’Anm.
Nel merito non va inoltre certo dimenticato un particolare significativo: il Comitato direttivo centrale dell’Anm all’unanimità aveva respinto la richiesta del pm romano di essere ascoltato. E questo è stato un passaggio decisamente inopportuno. Perchè mai il vertice ha assunto tale decisione e non ha voluto sentire la versione dei fatti che avrebbe voluto esporre Palamara? Perchè si è voluto con tanta fretta liquidare una questione così grave e delicata decidendone la cacciata come fosse la soluzione di tutto? Cosa si vuole insabbiare? Le toghe pensano forse che questo sia il modo giusto per riconquistare fiducia e ridare autorevolezza all’immagine dell’Anm ora notevolmente deteriorata?
Al momento non resta che prendere atto che il vertice delle toghe si è pronunciato sulla richiesta del collegio dei probiviri, ovvero di espellere Palamara. E sul fatto che il magistrato avesse chiesto di essere ascoltato per poter chiarire la propria posizione è arrivato secco il niet del Comitato direttivo centrale. Le motivazioni? Presto detto: il direttivo ha ritenuto che questa audizione non si potesse compiere perché non è previsto dal suo statuto. L’audizione, dicono, può avvenire solo davanti al collegio dei probiviri dinanzi al quale Palamara non si è mai presentato. E’ andata davvero così? Al momento non tocca altro che registrare la dura reazione di Palamara: “Mi è stato negato il diritto di parola. Nemmeno nell’Inquisizione”. Così l’ex presidente ha quindi commentato a caldo la decisione dell’Associazione di non ascoltarlo, prima di procedere al voto sulla sua espulsione.
Intanto il clima nel comparto giustizia si fa sempre più incandescente. Dentro la magistratura “c’è una gigantesca questione morale”, ha detto il presidente dell’Associazione nazionale magistrati Luca Poniz parlando al Comitato direttivo centrale del sindacato delle toghe. Di questo, purtroppo, ce ne siamo accorti già da parecchio tempo. Troppo tempo. Che poi i togati riescano a risolvere la cosiddetta “questione morale” come la definisce Poniz, nutriamo parecchi dubbi. Già con il caso Palamara non sembrano essere partiti in maniera particolarmente brillante e soprattutto trasparente. Comunque staremo a vedere. Di sicuro la gente si aspetterebbe ben altro dalla giustizia e non certo un conflitto interno di così vaste e radicate proporzioni che assume i risvolti di una guerra tra bande. E questo è inquietante.