Prove tecniche di gioco al massacro. Gori chiede il congresso e scoppia la polemica. PD e grillini in perenne stato confusionale. Il Paese è ‘seduto’, e non sembra avere molta voglia di rialzarsi.
La bordata viene dal sindaco di Bergamo Giorgio Gori. Da lui parte la richiesta di un congresso del Partito Democratico, da tenere in tempi rapidi. Un modo esplicito per chiedere un cambio di vertice. Richiesta che a tanti osservatori appare stravagante: l’emergenza Covid non è superata, anzi, dal punto di vista delle implicazioni economiche, il Paese è ancora nel mezzo di un difficile guado; l’autunno si presenta periglioso. La tenuta del Governo presieduto da Giuseppe Conte, precaria quanto basta; la coalizione che lo sorregge appesa un grumo di saliva…Insomma, il momento migliore per chiedere un congresso e un cambio di leadership…
Dal momento che lo capisce anche un bambino quanto la richiesta sia inopportuna e bizzarra, come mai Gori si avventura su questo terreno? Solo per avere la soddisfazione di poter dire, un giorno: “Ve l’avevo detto?”. Insomma, l’ennesimo grillo parlante alla Carlo Calenda o Matteo Renzi?
Come sia, quello che in altri tempi, una più salda classe politica avrebbe liquidato con una scrollata di spalle, è bastato per scatenare una ridda di sospetti, accuse e contro-accuse. Così, se Stefano Bonaccini, Presidente della regione Emilia-Romagna, candidato dagli ex renziani rimasti nel PD alla guida del Partito, accortamente si tira indietro dicendo che non vuole assolutamente essere elemento divisivo, e offre la sua collaborazione al segretario Nicola Zingaretti, sul tema di un eventuale nuovo congresso, chi spara alzo zero, è il vice-segretario Andrea Orlando: stronca la proposta di Gori con toni liquidatori. A stretto giro di posta Gori risponde: «L’ultimo sondaggio SWG dà il PD al 19 per cento, quattro punti sotto le Europee, al livello del disastroso risultato del marzo 2018, il peggiore di sempre. Nel frattempo la destra si è rimescolata (ma è sempre vicina al 50 per cento). I 5 Stelle si sono dimezzati. Ma il PD non ha guadagnato nulla. Vedi tu…».
Contro-replica di Orlando «Vedrai dopo questo dibattito aperto così (c’è stata una direzione pochi giorni fa) e in questo momento (nel pieno della manovra economica più difficile della storia recente) che balzo in avanti!».
Scende in campo anche il potente e influente consigliere di Zingaretti, Goffredo Bettini: critica Gori, e chi lo ‘ispira’. Il suo è un parlare a nuora perché suocera intenda: «Il gruppo dirigente del Pd mai stato coeso come ora. Invece Gori, all’improvviso, ha posto la questione assai destabilizzante di una presunta insufficienza di Zingaretti. Tutto legittimo. Ma c’è un’evidente ingenuità rispetto ai tempi che ha scelto: siamo nel mezzo di una fase drammatica e al tempo stesso non priva di possibilità di riscatto».
Al di là delle battute polemiche, è un fatto indiscutibile che la maggioranza attraversi una fase di turbolenze i cui esiti possono essere imprevedibili e incontrollabili, la classica slavina che si trasforma in valanga devastatrice. In Senato i numeri della maggioranza sono risicati, come dimostra il caso del decreto elezioni; altri simili ‘incidenti’ sono sempre dietro l’angolo. Non tutti i nodi del decreto semplificazioni, atteso la prossima settimana in Consiglio dei ministri, sono sciolti. Sui decreti sicurezza si consuma un braccio di ferro tra PD e M5S destinato a durare (e logorare) almeno fino a luglio. Sul tappeto, tante altre questioni cruciali: le ‘missioni’ in Libia, il voto sul Mes, le elezioni in sei Regioni chiave, banco di prova per la sopravvivenza dei M5S e la tenuta del PD. Liguria e Veneto, sono governate dal centro-destra; Toscana, Puglia, Campania e Marche, dal centro-sinistra. Nulla garantisce che gli attuali equilibri verranno confermati.
Più complicata di sempre, la situazione politica in Italia; ancor più complicato decifrarla, capirla. Un Paese sfiancato dalla crisi del Covid-19 (già prima non è che si navigasse in acque tranquille), con un debito pubblico alle stelle, centinaia di piccole e medie imprese che sono fallite o sono a un passo dal farlo; picchi di disoccupazione che fanno impallidire; il meglio della sua gioventù che ha per prospettiva quella di emigrare, perché sbocchi occupazionali sono incerti e difficili; dove il costo del lavoro non è competitivo con quello di altre realtà europee; dove i “servizi” lasciano a desiderare a ogni livello… Ecco: un Paese come questo, è semplicemente ‘seduto’, e, fatte salve eccezioni di ‘eccellenze’ che si trovano e operano, non sembra avere molta voglia di rialzarsi.
A un grande filosofo napoletano che ci ha lasciato qualche mese fa, Aldo Masullo, ho provato a chiederne ragione: l’Italia è uscita a pezzi, dalla guerra, devastata; priva di risorse primarie; come mai i nostri nonni e i nostri padri ce l’hanno fatta, con le unghie e i denti, ma ce l’hanno fatta; e noi si arranca? Lapidaria, la risposta: “Allora c’era più serietà”. Forse sì, nella secchezza dell’affermazione, nella sua perentorietà, il nocciolo della questione è questo.
Giuliano Amato, giudice della Corte Costituzionale, una vita a cavallo tra politica (nel PSI di Bettino Craxi, tra i pochi socialisti a uscire indenne dallo tsunami di Mani Pulite) e l’insegnamento universitario, sostiene che “i grandi passi avanti hanno sempre bisogno di episodi traumatici che servono da catalizzatori del cambiamento. Uno dei vizi del nostro tempo è che manca di fatti traumatici ed è un susseguirsi di piccoli traumi che portano al declino, perché spostano sempre più in là le soluzioni”.
Teoria interessante, esposta prima del Covid-19. Ma ora il grande trauma l’abbiamo avuto: le soluzioni si continua a spostarle… esattamente come prima. Il lupo italiano è sempre più spelacchiato, ma vizioso come sempre.
Per far fronte alla crisi si ingaggiano centinaia di ‘cervelli’, che per settimane si spremono le meningi ed elaborano slide e grafici, tabelle e schede in quantità industriali dove si elencano con puntigliosità i problemi italiani di oggi, ieri e domani, che vanno risolti. Il più noto, quello ‘Colao’: il rapporto, appena consegnato a palazzo Chigi nelle mani del Presidente del Consiglio Conte, viene prontamente messo in naftalina, perché nel frattempo ci si impegna in una settimana di conciliaboli (oltretutto riservati) chiamati ‘Stati Generali’. Gli esperti chiamati si esibiscono in discutibili passerelle, e ancora non sono terminate, che già la Confindustria boccia le proposte ancora non articolate, e ne preannuncia di sue.
Nel frattempo, in nome di un’unità di intenti per meglio fronteggiare l’emergenza, i partiti dell’opposizione disertano gli Stati Generali, perché -sostengono- il luogo del confronto sono la Camera dei Deputati e il Senato; senonché quando il presidente del Consiglio vi mette piede, denunciando di essere stati esautorati, disertano anche quelle aule…
Lo stesso Governo appare balbettante e confuso. Le due principali forze che lo sostengono Partito Democratico e Movimento 5 Stelle sono divisi su tutto, e d’accordo su niente. Il Governo è una sommatoria di debolezze.
Questa la situazione. Questi i fatti.
di Valter Vecellio