Insufficienti i finanziamenti destinati dalla Manovra alla scuola: il ministro dell’Istruzione Lorenzo Fioramonti si dimette in polemica con il governo. Per la scuola, l’Università e la ricerca, il capo del dicastero già dai primi giorni del suo mandato aveva chiesto risorse per 3 miliardi di euro – anche attraverso la revisione dell’Iva – che però non sono mai arrivati.
Dobbiamo riconoscere che il ministro, esponente dei grillozzi, è stato di parola a differenza dei tanti Di Maio che fanno parte della galassia pentastellata pronti a cambiare casacca a seconda delle circostanze: fin dall’inizio del suo insediamento aveva promesso che se il governo non avesse stanziato almeno 3 miliardi per il comparto avrebbe lasciato la poltrona. E così è stato… almeno per il momento.
Così questo esecutivo dei fallimenti targato M5s-Pd perde uno dei suoi componenti proprio a ridosso del nuovo anno. Il premier Giuseppi ha ricevuto nelle ore scorse la lettera di dimissioni. Una decisione drastica che arriva dopo le polemiche delle ultime settimane in cui Fioramonti aveva più volte lamentato la totale mancanza di interventi a sostegno del settore in manovra.
Continua dunque l’emorragia degli adepti del guru genovese. L’addio al dicastero dell’Istruzione di Fioramonti potrebbe essere solo l’ultimo di una lunga lista. Altri grillozzi ormai in rotta di collisione con il resto della Casaleggio&Company potrebbero seguire l’ex ministro intenzionato a lasciare anche il Movimento per fondare un gruppo parlamentare autonomo ma, così si mormora tra le mura del palazzo, filogovernativo che potrebbe diventare nel prossimo futuro un nuovo soggetto politico.
Eletto nel 2018 nelle fila del Movimento 5 Stelle, Fioramonti era diventato sottosegretario all’Istruzione durante il primo Governo Conte. Dopo il cambio di maggioranza ha preso il posto di Bussetti alla guida del Ministero di Trastevere.
A metà dicembre Fioramonti – tra l’altro divenuto miseramente famoso sui social per aver collezionato una serie di gaffe e scandali contro politici, donne e forze dell’ordine venuti alla luce grazie a un inchiesta de ilGiornale – aveva dichiarato tempo fa: “La scuola in questo Paese avrebbe bisogno di 24 miliardi. I 3 miliardi che io ho individuato, non sono la sufficienza ma rappresentano la linea di galleggiamento”.
Intanto a galleggiare rimane invece il governo giallo rosso al quale spetta un inizio di nuovo anno complicato. Ad iniziare con le elezioni in programma il 26 gennaio in Emilia-Romagna e Calabria. Ma non è tutto.
Uno scontro interno si sta consumando sulla questione relativa allo stop alla prescrizione dopo la sentenza di primo grado la cui entrata in vigore è prevista dal primo gennaio. La legge che porta la firma di un altro fenomeno a 5 stelle, Alfonso Bonafede, è di fatto sostenuta solo dai grillozzi mentre gli alleati – se potessero – la boccerebbero all’istante. Il Pd è nettamente contrario e al Nazareno è una corsa contro il tempo: nei prossimi giorni è attesa da parte dei dem la presentazione di una controproposta per cercare una mediazione con gli alleati. Pare che venga proposto di tornare alla legge Orlando con un’importante novità, quella della sospensione della prescrizione che passerebbe da 18 a 30 mesi, sia in appello che in Cassazione.
Ma se la strada è in salita per i grilli-dem il percorso appare ancora più impervio e scivoloso se si tratta del rapporto tra giustizialisti grillozzi e i renziani di Italia Viva perennemente ai ferri corti.
Non resta che aspettare gli sviluppi della faccenda. Di certo il 26 gennaio potrebbe saltare l’intero tavolo governativo, qualora la Lega dovesse espugnare la storica roccaforte rossa, l’Emilia Romagna. Se la destra dovesse avere la meglio Giuseppi tornerebbe a fare l’insegnante. Stessa sorte per l’insignificante Zingaretti il cui destino sarebbe segnato. Insomma, si tornerebbe finalmente a votare. Mentre se la sinistra si dovesse riconfermare alla guida dell’Emilia il governo andrebbe avanti, galleggiando, s’intende, ma andrebbe avanti.