Da sempre tempi sono al tempo stesso migliori e peggiori di quanto non siano mai esistiti. Il mondo non è mai stato così ricco e nemmeno così povero. Nei prossimi decenni continuerà ad avere i suoi due miliardi e più di miserabili, e molte società soffriranno del perenne circolo vizioso fatto di salute precaria, livelli minimi di reddito e malcontento economico: la crescita di popolazione, le crisi finanziarie e l’instabilità politica sono praticamente lì a garantircelo.

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Per il miliardo di persona che vivono sul fondo della scala sociale mondiale, il passaggio dal primo al secondo Medioevo è stato impercettibile. Che uno guardi ai poveri del mondo come un rischio per la sicurezza, a una sconfitta morale oppure a un mercato immenso, resta il fatto che essi costituiscono un elemento permanente dell’agenda globale e la pietra di paragone dell’esistenza di una qualche forma significativa di solidarietà nella civiltà umana.  Nelle condizioni di disperazione in cui versano i più poveri, gli obiettivi e le statistiche globali – e addirittura anche il denaro – importano poco, e questa è la ragione per cui dovremmo focalizzare l’attenzione sui loro bisogni elementari: cibo e acqua, cure mediche, abitazioni, istruzione.

La progettazione di sistemi che possano venire incontro a questi bisogni non richiede la revisione dell’ architettura esistente, quanto piuttosto la sua ricostruzione dalle fondamenta sulla base del principio del miglioramento del livello di vita delle comunità, prima di ogni altra cosa. Dobbiamo dimenticare i dibattiti stantii sul tema “ mercato o aiuti “: i paesi poveri hanno bisogno di “ aiuti in cambio di mercato “, ossia di assistenza nella capacità di incrementare il loro export. Dobbiamo dimenticare anche il concetto di “globale building: il community -buildyng“, la creazione di comunità degne di questo nome, è il “nation-building “ fatto come dovrebbe essere fatto.

In milioni di piccole comunità sparse in tutto il mondo le operazioni di microcredito, gli aiuti internazionali, le rimesse degli emigranti e gli imprenditori sociali, stanno lavorando sulle cause dei mali sociali e non soltanto sui loro sintomi, meglio di quanto non faccia la maggior parte dei governi mondiali messi insieme. Questi elementi costituiscono anche la prova pratica  dell’assioma per cui la miglior governance globale è la governance locale. Il villaggio globale significherebbe molto di più se potesse aiutare questi villaggi locali.

Aldo Cisi – Presidente Movimento Politico Italia