Salvini al bivio: o accelera sulla crisi chiedendo il voto a settembre con buone possibilità di vittoria o slitta tutto dopo il 2020. E il tempo non giocherebbe certo a favore del Capitano.
Gli azzeccagarbugli abituati a muoversi nei meandri del palazzo sono autentici maestri nel tramare complotti per boicottare e danneggiare l’avversario impedendo così di andare al voto. Da ore sono già al lavoro per tendere una trappola al ministro dell’Interno ormai nel mirino del vecchio comunista Giorgio Napolitano che nonostante l’età rimane uno dei grandi esperti di questo genere di sabotaggi. La sua storia politica è costellata di tali capolavori.
Tuttavia Salvini ha fiutato il pericolo “rosso”, ovvero della mina posta dal presidente emerito della Repubblica per tentare di farlo fuori, politicamente parlando, s’intende.
E questo potrebbe spiegare l’improvvisa accelerazione nelle ultime ore impressa del leghista che chiede di tornare al voto rapidamente. Infatti l’altra sera ha detto a Conte che l’unica alternativa è quella di presentarsi in Parlamento per prendere atto che una maggioranza non esiste più, come dimostra il voto su Tav e la carnevalata dei grillini… vergogna a 5 Stelle. Dunque non resta che restituire il prima possibile la parola agli elettori.
Ora il pericolo che si nasconde dunque dietro l’accelerazione di Salvini, che vuole tempi rapidi per mantenere l’iniziativa e interrompere la legislatura per andare subito al voto anticipato, è appunto la riforma costituzionale che riguarda il taglio dei parlamentari. Una battaglia di stampo grillozzo in calendario alla Camera per il prossimo 9 settembre. A questo punto la riforma una volta approvata farebbe scattare una serie di passaggi che finirebbero inevitabilmente con il provocare uno slittamento di parecchi mesi delle elezioni reclamate da Salvini. Ecco quindi che la trappola messa a punto dagli esperti di regime per bloccare la corsa del leghista scatterebbe oltretutto con la soddisfazione dei tanti peones miracolati che siedono in Parlamento e che a casa non vogliono certo tornare. E allora mettersi di traverso in ogni modo per allontanare le urne sembra diventata l’unica maniera per sopravvivere. Ma un governo di questo genere può reggere? Ci meritiamo questo nulla?
Appare perciò quanto mai improbabile che il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella sciolga le Camere senza che si sia esaurito l’iter della riforma dei tagli rinviando tutto alla legislatura successiva. E proprio a questo punto scatterebbe l’offensiva di palazzo escogitata da Napolitano e company. In sostanza, ironia della sorte, proprio la guerra per combattere la casta potrebbe costare molto cara a Salvini.
Se la legge verrà approvata a maggioranza assoluta non entrerà immediatamente in vigore: tra pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale, la ridefinizione dei collegi, richiesta di referendum ed entrata in vigore se ne vanno intanto almeno sette o otto mesi. A questo punto, una volta ingranata la quarta sulla procedura della riforma costituzionale Mattarella non si prenderebbe mai la responsabilità di mandare all’aria il taglio di 345 parlamentari sciogliere le Camere e rinviare la questione alla legislatura successiva.
Insomma, a conti fatti del voto se ne riparlerebbe non prima della prossima estate. senza escludere nel frattempo l’eventualità di una presa in esame di modifica dell’attuale legge elettorale. Di conseguenza si riproporrebbe quindi il gioco delle finestre elettorali per poter votare nell’autunno del 2020, compatibilmente con l’esame e l’approvazione della legge di Bilancio.
Inutile dire che Napolitano e sodali che manovrano dietro le quinte puntano quindi a un governo tecnico facendo leva sulla propaganda della diminuzione dei parlamentari e il possibile crollo dell’economia, questione ricorrente che fa sempre presa sull’opinione pubblica, purtroppo. In realtà si tratta di balle e spauracchi che hanno un solo obiettivo: dalla prossima estate navigare in qualche maniera fino a luglio del 2021 con una maggioranza raffazzonata per arrivare così al semestre bianco di Mattarella, che inizierebbe il 3 agosto 2021, durante il quale il Capo dello Stato non può sciogliere le Camere anticipatamente, ed eleggere di conseguenza il successore al Colle con questo Parlamento. Si arriverebbe così agli inizi del 2022, scadenza naturale della legislatura. Legislatura che avrebbe dovuto chiudere invece i battenti addirittura qualche anno prima. Una bella presa per i fondelli alla faccia dell’elettorato, non c’è che dire. Se così fosse potremmo dire che i boiardi di Stato sono riusciti nel loro intento: annullare Salvini e impedire ancora una volta il coretto percorso democratico che permette agli italiani di esprimersi attraverso le elezioni.
E allora se Salvini vuole salvarsi ha solo una possibilità: far saltare il tavolo prima del 9 settembre e uscire dal campo minato che gli hanno preparato i maestri dei sabotaggi. Conte deve naturalmente farsi da parte e fare posto a un esecutivo elettorale che magari potrebbe essere affidato alla seconda carica dello Stato, la presidente del Senato Maria Elisabetta Alberti Casellati, che porti il prima possibile alle urne. Alternative non ve ne sono. E se avremo un governo sovranista ben venga tale governo. Mettiamolo alla prova, se la maggioranza degli italiani lo vorrà. Sicuramente se non dimostrerà di essere all’altezza l’enorme consenso incassato sarà perso con la stessa velocità con cui era stato ottenuto. Il terrore di derive autoritarie lasciamolo alle elucubrazioni dei radical chic della solita sinistra salottiera.