Il clamoroso calo di consenso registrato nelle ultime regionali dai 5 Stelle in Sardegna solleva non pochi interrogativi riguardo alla stabilità della coalizione di governo nazionale prima delle elezioni europee di maggio.
I grillini sono stati dunque costretti a confrontarsi con il secondo deludente risultato nel giro di un mese dopo il tracollo subito nella tornata in Abruzzo. L’esito scaturito dalle urne nell’isola parla chiaro: i pentastellati, che governano il Paese in tandem con la Lega, si sono fermati attorno all’ 11% dei voti, ben lontano quindi da quel 42,5% incassato sempre in Sardegna poco meno di un anno fa alle politiche.
La cordata di centrodestra è uscita così vincitrice portando Christian Solinas, candidato leghista, alla presidenza della regione Sardegna con circa la metà dei voti, ovvero il 47,81%. Alle sue spalle il centrosinistra guidato da Massimo Zedda che ottiene un ragguardevole esito sfiorando il 33%. Al terzo posto il grande sconfitto, Francesco Desogus, del M5S che si inchioda, come detto, attorno all’11%.
O onor del vero va altrettanto detto che ugualmente sconfitto è lo schieramento di centrosinistra che oltre a perdere la maggioranza in Consiglio regionale arretra di ben 12 punti percentuali (dal 42,5% al 30,3%). Mentre per quanto riguarda il Pd va evidenziato che nel 2014 aveva ottenuto il 22,1% dei voti quando ora si è fermato all’13,5% con un calo di 8,6 punti che in termini assoluti equivale a 56mila voti.
Tuttavia dobbiamo dire che rispetto alla débâcle storica registrata alle politiche del marzo dello scorso anno il centrosinistra in Sardegna – così come in Abruzzo – mostra alcuni segni di ripresa. Un anno fa l’alleanza guidata dal Pd si era fermata al 17,7%, mentre nelle regionali di domenica scorsa il consenso per le liste di centrosinistra è arrivato al 30,2% dei voti, con un incremento di 12,5 punti percentuali. Un segnale da non sottovalutare e che fa intravedere la possibilità per i dem e il resto dei compagni di tornare in partita con una certa forza competitiva. L’attuale scenario conferma perciò che il risultato delle politiche del 2018 rappresentava il livello più basso dei consensi toccato dal centrosinistra, inferiore al 20%, mentre ora si configura una inversione, almeno stando ai risultati arrivati dalle tornate territoriali.
Il dato comunque certo è il disastro dei 5 Stelle: alle politiche erano risultati la prima formazione politica in Sardegna con uno strepitoso 42,5 dei consensi mentre nelle elezioni di domenica scorsa il candidato Francesco Desogus è risultato soltanto terzo e la lista ad esso collegata si è fermata al 9,5% dei consensi. Un crollo di circa 33 punti percentuali che va oltre quella soglia che possiamo definire fisiologica di un calo riconducibile a una formazione meno radicata a livello locale rispetto ad altri partiti. Insomma, la situazione è grave e difficilmente potrà essere sottostimata in casa dei pentastellati.
Una resa dei conti che mette inevitabilmente con le spalle al muro Luigi Di Maio già da tempo sotto pressione in vista delle europee dopo il preoccupante andamento del Movimento scivolato ben dietro alla Lega nei sondaggi nazionali. Il partito antimmigrazione di Salvini ha preso ormai da tempo il sopravvento da quando è stato formato il Governo gialloverde del cosiddetto cambiamento. I due alleati hanno sì concordato una manovra di bilancio che prevede un deficit pubblico molto più alto ma continuano a scontrarsi su alcune questioni rilevanti come la Tav e le autonomie regionali.
Di Maio naturalmente minimizza la portata dei responsi regionali e tenta di nascondere la delusione rilanciando con forza la tenuta del Governo. Anzi, il vicepresidente del Consiglio sostiene che non è andata così male in Sardegna visto che il Movimento ha guadagnato dei seggi quando in consiglio regionale non ne aveva mai avuti.
Dal canto suo il premier Giuseppe Conte cerca di mantenere le distanze smorzando i toni evitando di enfatizzare l’espressione scaturita dalle urne: “I risultati elettorali non avranno effetti sul Governo”, dichiara. Ma sarà davvero così o tra poco tempo dei 5 Stelle non rimarrà altro che la polvere?