Un’onda blu solo a metà. Questo il risultato delle importanti elezioni di metà mandato negli Stati Uniti, in cui i democratici riconquistano sì dopo 8 anni la maggioranza alla Camera, ma i repubblicani si rafforzano al Senato. La prevista avanzata dei dem c’è dunque stata ma solo a metà, ossia in uno dei due rami del Congresso dove appunto gli avversari del presidente hanno conquistato 222 seggi contro i 199 dei repubblicani. Intanto la ex presidente dem dell’Assemblea, Nancy Pelosi, mette le mani avanti e avverte che ora il suo partito potrà controllare l’operato dell’amministrazione Trump.
Chi sperava quindi nella débâcle del partito del presidente è rimasto davvero deluso. La cavalcata dei democratici, pur conquistando seggi alla Camera non riesce a vincere l’intera posta in gioco che avrebbe fatto saltare davvero il tavolo, un passaggio che avrebbe effettivamente rappresentato una minaccia grave sulla leadership di Trump.
Quale minaccia? L’impeachment, ossia una messa all’angolo del capo della Casa Bianca che sarebbe stata possibile soltanto nel caso in cui il partito democratico avesse sfondato anche al Senato. Ma non è andata così nonostante che in parecchi avessero coltivato non poche illusioni.
Va detto che ora con la Camera in mano ai dem l’opposizione al Tycoon potrebbe far scattare la la messa in stato d’accusa nei confronti del presidente, ma questo non basta. E questo i dem lo sanno bene. Per questo confidano che l’inchiesta del procuratore Robert Mueller, il Russiagate, arrivi finalmente a una conclusione che permetta di avviare la famosa procedura. Il fatto però è che tale inchiesta lascia a tuttoggi perplessi per i troppi interrogativi che non trovano risposte convincenti e tale condizione non ha permesso di iniziare le procedure d’impeachment.
Resta comunque il fatto che i dem, se volessero, potrebbero avviarle dato che alla Camera ora hanno la maggioranza. Il problema è che non hanno i numeri al Senato per farla approvare. Nella camera alta del Congresso serve una maggioranza qualificata dei due terzi. Mentre il partito repubblicano, in questa tornata elettorale, ha blindato la sua presenza all’interno del Senato costruendo un argine impossibile da superare per chiunque provi a mettere in stato d’accusa il presidente.
Tuttavia teniamo presente che i demo potrebbero decidere ugualmente di far scattare l’impeachment per lanciare un messaggio politico fiduciosi nell’operato di Mueller. In questo modo porrebbero al centro
dell’attenzione la questione penalizzando altre tematiche che magari
stanno più a cuore all’elettorato repubblicano. Ma questa strategia potrebbe avere un effetto boomerang proprio per i dem visto
che Trump e molto più bravo a raccogliere consensi.
Non solo. Trump potrebbe avere l’abilità di sfruttare lo stato d’accusa per colpire gli stessi democratici. Va considerato che i dem non sono compatti all’interno del partito perché se a sinistra reclamano l’ipeachment tra i centristi si registra preoccupazione. In sostanza
si teme che possa ripetersi quello che accadde a Bill Clinton il quale raggiunse il massimo di popolarità proprio nel momento in cui fu messo in stato d’accusa
Un arma a doppio taglio dunque per un partito a caccia di consensi in vista delle presidenziali del 2020. I dem sono consapevoli del pericolo: in Senato intanto si bloccherebbero e oltretutto potrebbero far ricompattare il voto repubblicano. Infatti gli elettori dell’Elefante, non per forza dalla parte di Trump farebbero quadrato proprio per difendere il partito dall’attacco democratico. Con tale divisione dell’opinione pubblica è perciò chiaro che la faccenda dell’impeachment diventa incandescente e molto pericolosa. Le accuse contro il presidente spazzerebbero via dal dibattito qualsiasi altra i discussione e Trump è abilissimo a utilizzare le armi del consenso. Ne ha dato prova quando ha conquistato la Casa Bianca facendo impallidire avversari e quei fenomeni dei sondaggisti.