Si è spento all’ospedale di Zurigo, il grande manager Sergio Marchionne. Aveva 66 anni ed era stato ricoverato nella struttura svizzera lo scorso 27 giugno per un intervento alla spalla destra. L’ultima sua uscita pubblica era stata due giorni prima, a Roma, alla consegna di una Jeep all’Arma dei Carabinieri. Era apparso un poco affaticato ma per lui, figlio di carabiniere, quell’appuntamento era irrinunciabile.
Dopo l’intervento alla spalla, le sue condizioni parevano nella norma poi si sono improvvisamente aggravate a causa di complicanze postoperatorie, come avevano riferito i sanitari. Anche se da Fca nulla trapelava per Marchionne ormai non c’erano speranze. Qualche giorno fa si era diffusa la voce che Marchionne avesse un tumore ai polmoni. E in effetti l’ospedale elvetico è un polo oncologico di eccellenza. C’è però anche un’altra ipotesi, ossia una complicazione improvvisa in seguito a un intervento alla spalla. Di fatto il tumore ai polmoni causa problemi e dolori proprio alle spalle. L’intervento in quella zona può mettere in conto possibili problemi all’aorta durante l’intervento.
Venerdì scorso il presidente di Fca, John Elkann, aveva già spento qualsiasi speranza, scrivendo ai lavoratori che “Sergio non tornerà più”. I cda nominavano quindi rapidamente i successori: alla Fca Mike Manley, alla Ferrari Louis Camilleri, ex numero uno di Philip Morris e già membro del cda della Rossa, mentre John Elkann ha assunto la carica di presidente. A Suzanne Heywood, infine, la carica di nuova presidente di Cnh Industrial.
Nato a Chieti nel 1952 si trasferisce in Canada all’età di 14 anni con il padre, carabiniere in pensione in cerca di opportunità per i figli. E le opportunità arrivano. Gli oltre 14 anni di storia tra Marchionne e il Lingotto iniziano nel maggio del 2003, quando entra nel cda di una azienda sull’orlo del baratro. Il manager arriva dalla ginevrina Sgs, società nell’orbita della famiglia Agnelli, risanata in soli due anni. Nel giugno 2004 diventa ad di Fiat al posto di Giuseppe Morchio. E vince la prima sfida. Con gli 1,55 miliardi di euro pagati da Gm per rompere l’alleanza con il Lingotto, il nuovo capo azienda inizia il rilancio di Fiat con i nuovi modelli.
Nel 2014 Fiat ingloba il 100% di Chrysler, facendola diventare Fca il settimo produttore mondiale. Si guadagna il plauso del presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, che lo trasforma in icona della ripresa dell’auto a stelle e strisce. E ultimamente entra nelle grazie anche di Donald Trump, per i suoi investimenti in Usa.
Nel 2010 il manager con il maglioncino dà una scossa alle relazioni industriali. Fiat straccia il contratto nazionale ed esce da Confindustria. Sono gli anni dei durissimi scontri con la Fiom del segretario generale, Maurizio Landini, che porta il gruppo in tribunale ed è l’unico dei grandi sindacati a non firmare il nuovo contratto aziendale che sarà approvato dal referendum dei lavoratori. Marchionne anche quella volta ha vinto sull’ottusità sindacale.