Un nulla di fatto, tempo perso e basta alla faccia dei risparmiatori truffati. Del resto lo si sapeva che le Commissioni parlamentari non servono a niente. Alla fine la colpa è ricaduta sulla mancata vigilanza. Questo è il misero risultato prodotto dopo mesi di audizioni dalla commissione d’inchiesta sulle banche che doveva essere in grado di chiarire le criticità del sistema del credito italiano. Non solo. L’organo parlamentare non è neppure riuscito a raggiungere un accordo su un documento unitario. Come era prevedibile fin dall’inizio il clima elettorale ha fatto sentire il proprio peso e le forze politiche hanno quindi rimarcato le reciproche differenze. Alla fine la relazione conclusiva è passata con 19 voti favorevoli (Pd e centristi). I contrari sono stati 15, gli assenti 6. Altri gruppi parlamentari, come i Cinque Stelle e Forza Italia, hanno consegnato una loro relazione.
In sostanza l’elemento da focalizzare è quello dalla maggioranza che punta il dito contro i due organi di vigilanza, la Consob e Bankitalia, che a suo dire non hanno svolto correttamente il compito a cui sarebbero chiamati.
“Nello scenario che ha caratterizzato l’ultimo decennio l’esercizio dell’attività di vigilanza non si è dimostrato del tutto efficace, in particolare ai fini della tutela del risparmio”, si legge nel documento conclusivo. L’analisi attenta di alcuni eventi che hanno contraddistinto l’azione della vigilanza, da parte di Banca d’Italia e Consob, “ha messo in luce oggettive debolezze nello scambio reciproco di informazioni importanti tra i due organismi”, spiega sempre il testo confezionato da Pd e centristi che oltre a prendersela con palazzo Koch di via Nazionale tira in ballo anche la commissione per le società e la borsa, la quale, pur dotata di più poteri ispettivi “non sembra li abbia utilizzati adeguatamente”.
E allora? Allora a questo punto la solerte commissione guidata dall’immortale Pierferdinando Casini stila una sorta di tabella di marcia ad uso e consumo per chi arriverà con il prossimo giro di legislatura… se qualcuno tale vedemecum riterrà utilizzabile. Misure – come se non ce ne fossero abbastanza – che dovrebbero essere in grado di evitare i disastri, da Mps alle banche venete come al caso Etruria. Avanti dunque con le grandi strategie che immaginerebbero un giro di vite severo teso a incrementare i poteri investigativi a Bankitalia già tra l’altro riconosciuti a Consob. Non solo. Si immagina anche l’utilizzo della polizia giudiziaria per effettuare ispezioni.
Così la commissione banche – come del resto tutte quelle istituite dalla nostra brillante classe politica, ha chiuso baracca sancendo ancora una volta la propria completa e misera inutilità. Ma dato che al peggio non c’è limite questa volta si è toccato il fondo perché la relazione finale non ha neppure avuto una condivisione unanime: gli esponenti del Movimento 5 Stelle, insieme a quelli di Liberi e Uguali a ancora del centrodestra, hanno votato contro.
Dobbiamo dire che anche questa volta Pierferdinando Casini ha dato una brillante prova sfoderando tutto l’insegnamento acquisito della vecchia scuola democristiana. Per lui la parola tradimento non esiste. Il re dei voltagabbana sa muoversi all’occorrenza in qualsiasi direzione e collocarsi dove più gli conviene. Doti da salta-fossi impareggiabili, strepitose che un altro venditore di fumo, quale è Renzi, conosce perfettamente. Non è stato dunque un caso che il toscano lo abbia scelto per presiedere la Commissione d’Inchiesta sulle banche – che pochi nel Palazzo in quel momento avevano capito i motivi di tale indicazione – scelta che altro non aveva che l’obiettivo di garantirsi un personaggio “tranquillo” che usa il silenziatore, che non mette il naso in faccende dove il naso bisognerebbe invece metterlo. Come nelle attività di indagini sulle presunte commistioni tra il governo Renzi e i vari pasticci sulle banche, per esempio. Il caso Etruria su tutti.
Così dopo qualche mese di chiacchiere la presidenza Casini, che ha volutamente marciato con il freno a mano tirato nel momento in cui si sarebbe invece trattato di affrontare di petto le responsabilità del Pd e della Boschi, ha chiuso i battenti producendo lo zero totale. Ma Casini no, lui il risultato lo ha ottenuto. E che risultato. Da vero fuoriclasse del trasformismo che non fa nulla per nulla, si è garantito l’ennesima candidatura, questa volta col Pd in un collegio di Bologna. Dal centro alla destra per poi attraccare addirittura nella sponda opposta a sinistra. Pierferdi, così lo chiamano gli amici, non smette di stupire. Stupisce invece che ci siano degli italiani che lo votino ancora. Evidentemente i cambia-casacca di turno non dispiacciono… basta però non lamentarsi dopo. Ricordiamoci che questa gente siede nelle aule parlamentari non per opera dello spirito santo ma perché qualcuno li ha eletti.
Certo è che questa improvvisa candidatura calata d’imperio da Renzi ha creato parecchi malumori in casa dem e nel resto del frammentato fronte sinistrorso ultimamente allo sbando. Ma al NazaRenzi le decisioni del capo non si discutono. Chi osa alzare la cresta è fuori. Ne abbiamo avuto conferma nel momento in cui si è trattato di formare le liste scientificamente studiate in vista del grande inciucio con il centrodestra dopo il 4 marzo alla faccia degli elettori. E pensare che su un manifesto, con il quale Renzi nel 2012 si candidava alla guida del Pd, il falso rottamatore propagandava un semplice slogan: mai con Casini. Quando si dice la coerenza. Ora non servono particolari doti intellettive per capire che si è trattato di una chiara ricompensa politica per il modo in cui è stata “gestita” la Commissione d’inchiesta sulle banche. Insomma, Casini promosso a pieni voti dal sodale Renzi..
Il bilancio fallimentare della Commissione è quindi evidente. Le difficoltà bancarie torneranno ad emergere e ben poco potranno fare i travasi di miliardi provenienti dal pubblico. Lascia senza parole la faccenda della leggera gestione che riguarda le spregiudicate scelte di credito che addirittura nel caso di Mps sono interconnesse con il Pd.
Il sistema di vigilanza potrebbe funzionare, basterebbe volerlo. Forse i risparmiatori avrebbero qualche garanzia in più.