I dati Istat confermano ancora una volta che l’Italia è una repubblica democratica che ha deciso di affondare il lavoro, un Paese frenato e il non agire nel breve avrà ancora più pesanti conseguenze nel lungo periodo se non si interviene energicamente.

La disoccupazione ha raggiunto livelli stellari perché le imprese non assumono; le imprese non assumono perché non vedono alcun mercato per la propria produzione; non esiste un mercato per la produzione perché i lavoratori non hanno redditi da spendere.

Ora il rischio è che a questo fenomeno si deve aggiungere la diminuzione del potenziale produttivo del nostro sistema economico. Le imprese sono ferme o a ciclo ridotto, non rinnovano, non aggiornano i software e quindi non investono a causa del calo della domanda e in presenza di scenari futuri non rosei gli imprenditori risparmiano il più possibile sui costi.

Le imprese chiudono e lasciano dietro una scia di disoccupati che difficilmente saranno riassorbiti, in quanto il capitale umano non è stato ‘curato’ adeguatamente.

Ormai siamo nella fase della disoccupazione strutturale cioè legata all’insufficienza di capitale da impiegare nella produzione.

A questo punto dovrebbe essere lo Stato ad aiutare il sistema economico a recuperare il potenziale produttivo, investendo nelle infrastrutture, adeguando le reti informatiche, aiutando le start-up innovative, ma a quanto pare la spending review ha prodotto solo aumenti di tasse e non la riduzione del debito che invece è aumentato; non sono state tagliate le spese poco produttive ed in compenso la ‘dieta’ obbligata non ha portato alcun beneficio in termini di benessere.

Quello che è accaduto a questo Paese è esattamente il contrario alle note teorie di politica economica ma soprattutto al buon senso.

D’altronde Johann Wolfgang Goethe scriveva che l’’Italia è ancora come la lasciai, ancora polvere sulle strade, ancora truffe al forestiero, si presenti come vuole, c’è vita e animazione qui, ma non ordine e disciplina; ognuno pensa per sé, è vano, dell’altro diffida, e i capi dello Stato, pure loro, pensano solo per sé.

Lo dichiara Leo Taroni commentando i dati dell’Istat sui prezzi.

Fonte: Agenparl
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