di Aldo Cisi, Movimento Politico Italia
Dobbiamo riconoscerlo: quando si tratta di perdonare, le donne riescono meglio degli uomini. Non si tratta, sia chiaro, di un pregiudizio di genere ma di evidenze scientifiche: numerosi studi effettuati sia su campioni di giovani adulti che su soggetti di età più “matura” hanno dimostrato come gli uomini abbiano più difficoltà a scusare chi ha fatto loro un torto. Ma quando, in qualche modo, comprendono che pure loro sarebbero stati capaci delle medesime azioni ecco che si attiva una qualche empatia e, di conseguenza, quei comportamenti diventano meno gravi e più facili da perdonare. Uomini o donne che si sia, imparare a perdonare è fondamentale: per tutti. Non solo perchè clemenza, benevolenza e tolleranza verso gli altri predispongono a stati mentali personali positivi, evitano depressioni, attaccamenti inutili al passato con strascico di rancori e “mal di pancia” che ne conseguono (la rabbia ha sempre delle chiare ripercussioni anche a livello somatico) ma un po’ a prescindere: considerando il perdono qualcosa fatto come dono.
“Perdonare è, nel suo significato essenziale, il puro atto del donare. Per donare. Senza ulteriori fini, senza nessuna logica di opportunità o convenienza o altro desiderio che non sia la liberazione che il donare in questo modo genera”: avverte Daniel Lumera. Dietro questa lettura del perdono si apre un mondo che ci sussurra che ogni esperienza non è casuale e che l’eventuale pesantezza (data da tipologia, modalità, contenuti del comportamento che ci ha ferito) sì, determina i necessari tempi della “digestione” ma poi, alla fine, se tutti gli elementi vengono metabolizzati, diventa comunque nutriente ed utile. Con questa consapevolezza, per-donare diventa la via che consente di andare avanti, lasciando andare il passato; permette di non restare congelati in un tempo che in qualche modo si è co-costruito, facendo al tempo stesso tesoro degli insegnamenti appresi.