di Domenico Ricciotti

IMG_20170328_0001_NEWCapita perfino nelle migliori famiglie che uno si alzi al mattino e voglia scrivere un romanzo. E molti lo fanno. Si domandava Karl Kraus del perché scrive certa gente, e si rispondeva che forse non ha abbastanza carattere per non scrivere.  Ma, certamente, non è questo il caso! Anzi …

L’autore l’ho conosciuto ad una cena dove eravamo stati invitati entrambi. E proprio durante la cena vi è stata una conversazione interessante che ha coinvolto tutti i presenti al tavolo e che, più o meno, avevamo a che fare con il giornalismo e la passione per la storia, per il territorio e per i risvolti culturali e sociali. In pratica quelli che potremmo definire interessi intellettuali. Ma si sa che, partendo dai massimi sistemi, si finisce spesso per scendere sulle esperienze personali, sui propri studi e approfondimenti, in pratica sul proprio vissuto. E, anche quella sera, non sfuggimmo alla regola.

In quegli interessanti confronti, che passavano, quasi aristotelicamente parlando, da affermazioni essoteriche fino a scendere nell’esotericamente scorretto, incidentalmente mi ha detto di aver scritto un romanzo. Per Bacco! Anche io sto scrivendo un romanzo, ovviamente con un argomento diverso, che più si avvicina al mio piccolo o grande mondo. Il mio è un romanzo storico, ma anche il suo può definirsi un romanzo storico. Il suo contiene una storia d’amore, ma anche il mio. Il mio ha per sfondo le città in cui sono vissuto, e questo è presente anche nel suo.

Pensa quante somiglianze vi sono. Addirittura si è corso il rischio che potesse essere lo stesso romanzo, ma per fortuna non era affatto così. Io tratto del periodo storico del Risorgimento, invece, il periodo storico del suo romanzo è quello della seconda guerra mondiale e ha per sfondo una data a dir poco terrificante, ovvero l’11 settembre, ma quello del 1943, il giorno in cui gli alleati, per combattere i tedeschi, decisero e misero in pratica la distruzione sistematica della Ciociaria con l’uso delle fortezze volanti e dei bombardamenti a tappeto.

Al termine della cena mi ha fatto dono di una copia della prima edizione, che ho nei giorni seguenti letto con attenzione; anzi, mi ha perfino sollecitato, nel caso vi avessi ravvisato errori o imperfezioni, di comunicarglielo al più presto in modo da apportare le correzioni del caso per la prossima seconda edizione. Io, però, non mi permetterei mai di indicare correzioni al lavoro di un altro, ma suggerimenti “in camera caritatis”, quelli si.

La lettura scorre facile, forse perché si narra nel romanzo di eventi storici che conosco, dato che mia nonna me li aveva descritti così bene da inciderli a fuoco, con le sue parole e le sue immagini, nella mia mente di bambino. I luoghi mi sono così familiari che chiudendo gli occhi li rivedevo e ne rivivevo i momenti belli e drammatici all’un tempo. Per poi passare ai nomi, ai personaggi tratteggiati ora in modo lieve, forse appena accennato, ora in modo forte con una caratterizzazione marcata, che mi riportano alla mente i racconti di mio padre circa la sua breve presenza in quei luoghi, che lo hanno però segnato in modo indelebile.

Non entro nel merito del racconto, che lascio volentieri a chi avrà il piacere di leggere quelle pagine in cui l’inchiostro della stampa (anche se non si usa più, è bello pensare che sia ancora così!) in cui prevale il senso dell’emozione, del racconto e del dialogo rispetto alla compostezza dell’impaginazione; dove gli spazi non sono funzionali alla stampa, ma servono per sottolineare ciò che ciascuno legge e a dare enfasi al sentimento.

massimiliano_manciniIn conclusione, qualche suggerimento lo darò all’autore, ma solo perché me lo ha chiesto. Invece devo, con tutta l’onesta intellettuale che mi ritrovo, riconoscere la validità del lavoro di uno studioso che con questo romanzo ha voluto tratteggiare un epoca tragica della nostra storia, un territorio e un insieme di personaggi che in realtà rispecchiano la personalità e l’amore dell’autore per il luogo in cui la vita lo ha portato.