di Domenico Ricciotti

imagesIl nostro cugino francese ha sempre avuto la spocchia e il complesso dei primo della classe. Tuttavia, in questi ultimi giorni di campagna elettorale per le prossime presidenziali, i cari cugini trasalpini sembrano aver imparato da noi. O meglio la magistratura francese sembra aver appreso da quella italiana l’uso strumentale delle inchieste giudiziarie verso il personale politico, in modo così di influenzare in modo consistente il consenso e così veicolarlo verso quei candidat,i non colpiti da inchieste, ma non interessanti altrimenti per il consenso degli elettori.

E sempre la solita vecchia domanda che ricorre: ma si deve proprio intervenire in prossimità di competizioni elettorali? E’ fin troppo evidente che se si scopre una notizia di reato il magistrato deve intervenire, se nell’ordinamento esiste la regola dell’obbligatorietà dell’azione penale. Ma queste inchieste, una sul candidato repubblicano Fillon e l’altra sul candidato del Fronte Nazionale Marine Le Pen, sanno fortemente di stantio. Il vantaggio lo otterrà sicuramente Macron un candidato tecnocrate di un centrosinistra molto compassato e gradito ai cosiddetti poteri forti, da lui criticati, ma con profondo rispetto e molto garbo.

L’accusa mossa a Fillon è quella di aver assunto e stipendiato con fondi pubblici in qualità di collaboratore parlamentare sia sua moglie e sia uno dei suoi figli. Fino a qui non vi sono, infatti, risvolti penali; se poi uno non svolge il ruolo per cui lo Stato paga, allora iniziano i problemi. E di questo si accusa Fillon, pagare i familiari per non svolgere il lavoro. Ma realmente è accaduto questo? La moglie di Fillon, Penelope, teneva l’agenda e la rubrica telefonica del marito. E questo lavoro, tipico del collaboratore parlamentare, può essere svolto per forza nelle mura del parlamento? La moglie, persona di cui Fillon si fidava ciecamente, doveva per forza stare o nell’ufficio parlamentare oppure a casa a tessere la rete di relazioni che poi avrebbero portato Fillon ad essere quel politico autorevole che adesso si tenta di smontare? E siccome questa storia andava avanti da anni, perché solo ora ha attirato l’attenzione della magistratura francese? E poi, perché sembra che questo vizio a Parigi lo abbia il solo Fillon, mentre a Strasburgo sembra che lo abbia la sola Le Pen?

E così siamo arrivati alla seconda faccia della stessa medaglia. Un collaboratore, e poi anche forse un altro, della Le Pen è stato assunto da un collega della Le Pen stessa e così il suo stipendio di collaboratore politico della leader conservatrice è stato pagato dal Parlamento Europeo. Anche questa è una storia vecchia e stantia. Quanti collaboratori degli eurodeputati vengono assunti per far pagare le loro consulenze politiche al contribuente europeo? Si sapeva da anni, ma adesso se ne chiede il conto perché la Le Pen è la possibile più accreditata sfidante al ballottaggio per le presidenziali francesi. Ma, attenzione, non la si poteva interrogare e inquisire, dato che la Le Pen si appellava al fatto di godere dell’immunità parlamentare europea. Detto e fatto. Il Parlamento Europeo immediatamente ha tolto a grande maggioranza l’immunità alla Le Pen per aver diffuso foto molto forti sul suo profilo, dove si vedevano attivisti dell’ISIS sgozzare e uccidere i loro prigionieri. Non si deve diffondere l’odio religioso. Questo è in estrema sintesi la questione per la quale si è tolta l’immunità alla Le Pen.

Se queste foto le avesse pubblicate un sito di informazioni, cosa sarebbe accaduto? E poi non si deve far conoscere la verità agli elettori? Non si deve dire che c’è un Islam moderato, ma che a fianco a questo esiste anche un Islam assassino, intollerante che sgozza i cristiani e le altre minoranze religiose? Questo non si deve dire e testimoniare con foto da parte di un membro del Parlamento Europeo. Oppure, è un favore che i politicanti di Strasburgo o Bruxelles hanno fatto alla magistratura francese, che così in tutta libertà potrà inquisire la Le Pen per fattarelli inopportuni risalenti a mesi se non ad anni indietro. E così la magistratura francese sarà chiamata ad eleggere il nuovo Capo dello Stato che siederà all’Eliseo per il prossimo mandato.

Un po’ come è accaduto in Italia da un trentennio a questa parte: prima è toccato a Craxi, poi è stata la volta di Berlusconi e oggi tocca a Renzi. E alla fine non ci sarà neppure più bisogno di andare a votare!