Però bisogna ricordare bene!
di Domenico Ricciotti
In questo giorno tutto il mondo si ferma e fa memoria dei terribili eventi che hanno scosso l’umanità per sempre, quelli che il criminale piano dei nazisti tedeschi aveva teorizzato come la “soluzione finale”, ovvero lo sterminio di tutto ciò che era in contrasto con l’ideologia della razza superiore, per intendersi l’ariana germanica, e del terzo Reich hitleriano.
Ricordare è un dovere dell’umanità! Nessuno che si possa definire uomo deve dimenticare l’orrore dei lager. Tutti hanno l’obbligo morale e materiale di far sì che, mai e poi mai, si dimentichi questa pagina oscura dell’umanità, perché se ciò accadesse, si rischierebbe di ritrovarsi di nuovo l’inferno sulla terra.
La storia è maestra di vita, ci ricorda Cicerone, ma quanti di noi sono scolari attenti a questa maestra? La storia nelle scuole spesso è insegnata male, alle volte per finalità che nulla hanno a che fare con la cultura, alle volte la si sottovaluta e non se ne comprende l’importanza. Si vuole formare dei lavoratori e, invece, bisogna formare uomini in grado di comprendere la realtà, adattarvisi e cambiarla, non semplicemente creare un popolo bue capace di lavorare, divertirsi e non pensare. In questo caso la storia ci insegna che di tragedie e stermini ne è pieno il cammino dell’umanità. Pensiamo alla ferocia degli imperi dell’antichità; pensiamo alle stragi compiute dalle invasioni islamiche alle quali gli europei hanno risposto con le crociate; pensiamo alle tragedie provocate e che provoca ancora lo sviluppo industriale. Ma mai si è arrivati a tanto.
Il XX secolo, il secolo breve per fortuna, è stato segnato da due guerre mondiali e dalle più grandi stragi di massa che l’umanità abbia mai vissuto. Bisogna ricordare, al fianco dei lager tedeschi, i gulag dell’URSS e dei paesi delle cosiddette democrazie popolari, i massacri e i campi di rieducazione dei comunisti cinesi, oltre alla cosiddetta rivoluzione culturale sempre attuata a Pechino; infine, le stragi e le eliminazioni di massa compiute in Cambogia dai rivoluzionari Khmer Rossi di Pol Pot, capaci di eliminare un terzo della popolazione cambogiana. E anche due guerre mondiali.
Ma oggi si deve assolutamente ricordare quella che viene definita come la giornata della Shoah, ovvero lo sterminio di circa sei milioni di uomini di religione ebraica, solo per motivi raziali ed economici. La più squallida delle giustificazioni per un ingiustificabile, sotto ogni aspetto, crimine contro l’umanità. Una volta questo sterminio veniva definito come olocausto. Ma il termine fu correttamente cambiato. Infatti, l’olocausto è un sacrificio rituale compiuto per compiacere a una divinità. Lo sterminio di 15 milioni di uomini, donne e bambini non lo si può definire olocausto. Allora fu scelto il termine ebraico di Shoah, dato che un terzo delle vittime erano di religione ebraica.
Io definisco questi uomini di religione ebraica e non ebrei, proprio per non dare una errata connotazione raziale. L’uomo è uomo sempre, bianco, nero, rosso e giallo. L’unica motivazione folle dei nazisti tedeschi era la volontà di cancellare per sempre il popolo ebraico per due motivazioni: una economica, dato che spesso esponenti del popolo ebraico eccellevano in campo economico e l’altra perché eccellevano anche in campo culturale. Il popolo tedesco, nel suo complesso, questa situazione di supposta sudditanza economico culturale non la poteva accettare, soprattutto dopo aver perso la prima guerra mondiale e aver vissuto la traumatica esperienza disastrosa della Repubblica di Weimar. E il nazismo hitleriano fu la risposta a queste paure.
Ma il termine Shoah è corretto? Certamente è corretto per quelle vittime, 6 milioni, che provenivano dall’ebraismo. Ma per tutti gli altri, ovvero quasi dieci milioni, è corretto? No, a mio parere. Tra questi, è bene specificare per coloro che non sanno e che non vogliono sapere, con la scusa che è roba vecchia e che forse non potrà mai più accadere, c’erano tantissimi altri che non erano di religione ebraica. E’ bene ricordare il seguente macabro conto.
Al fianco dei quasi 6 milioni di ebrei (tra i quali migliaia di italiani), bisogna computare anche i circa 3 milioni di prigionieri sovietici, i più cristiano-ortodossi; poi i quasi 2 milioni di polacchi cattolici; circa mezzo milione di zingari tra Rom e Sinti; altri duecentomila cristiani pentecostali; ancora 2 milioni di altri slavi, anche loro in gran parte ortodossi; quasi 5.000 Testimoni di Geova; 10.000 circa omosessuali; infine, un milione e mezzo di dissidenti politici tedeschi e degli stati occupati dai tedeschi (anche italiani). Attenzione, tra questi ultimi, udite udite, vi erano anche centomila e oltre massoni europei. Ed ecco il macabro conto è completo. Più di 16 milioni di vittime.
Al termine di questo computo mi tornano alla mente le profetiche parole che pronunziarono ben due pontefici riguardo alla guerra. La prima la disse papa Benedetto XV all’inizio della prima guerra mondiale e era l’invito a “fermare l’inutile strage”. Ovviamente, tale grido rimase inascoltato. L’altra la disse un papa che proveniva dalla diplomazia vaticana, ovvero papa Pio XII. Egli sapeva bene che, molto più delle parole, contavano allora e contano anche oggi le azioni, soprattutto quelle silenziose, le più efficaci: “nulla è perduto con la pace, tutto può esserlo con la guerra”.
Il nazismo e la sua religione della superiorità del popolo tedesco era una sorta di religione di morte, dove il dio oscuro dell’esoterismo nazista aveva sete di sangue umano e i suoi fedeli gliele diedero in abbondanza e l’Europa e il mondo piansero milioni di morti, quanti mai si videro sulla terra a seguito di una sola guerra.
Ricordare per tramandare e per evitare il ripetersi di questa immane tragedia. Questo è il dovere di ogni uomo.